.jpg)
Così fra un dubbio e l’altro (vi ho già detto che a 50 anni l’entusiasmo non è più quello della gioventù…) arriva il giorno della partenza. La settimana prima abbiamo caricato sulla macchina di Antonio e Tina il nostro bagaglio (“poca roba che siamo in agosto, chissà che caldo che farà…”) e così abbiamo solo bagaglio a mano, poco anche di quello. Abbiamo fatto il checkin on-line per ridurre i tempi e dormire un po’ di più, scoprendo che ormai è praticamente obbligatorio con Ryan-air, pena sovrattassa da pagare in aeroporto. All’alba di ferragosto la figliola da poco patentata si fa Brescia-Bergamo per scaricarci in aeroporto: quando ci salutiamo siamo molto più preoccupati del suo viaggio di ritorno in autostrada che del nostro volo….sarà merito dei progressi aeronautici o follia del nostro modello di mobilità? Brutto argomento da affrontare in un racconto di viaggio…prendiamo ‘sto aereo e andiamo a Siviglia! Non siamo esattamente gli unici ad aver deciso di viaggiare a ferragosto, ma comunque le operazioni di imbarco sono veloci e regolari (la sera prima sul sito Ryan davano un inquietante “delay” per il nostro volo…). Ci lasciamo alle spalle un nord Italia grigio e temporalesco per atterrare nella luce dell’Andalusia. Non fa neanche troppo caldo. L’appuntamento è alla banchina dei bus e Antonio è puntualissimo, nemmeno ci fossimo dati appuntamento al bar sotto casa (ammesso che mai lo facessimo… non frequentiamo bar….). Tutti i possibili intoppi e inconvenienti sono superati, loro hanno l’aria rilassata di chi è in vacanza da una settimana e deve farne ancora due, sono anche abbronzati. La macchina viaggia verso il sud più sud del continente europeo (isole escluse) e Antonio mi affida il ruolo di navigatore, forse perchè qualche volta ho evitato che ci perdessimo su sentieri di montagna; ma qui non è esattamente la stessa cosa: puntualmente dopo Jerez sbagliamo strada e finiamo dentro Cadice. Già che ci siamo risaliamo un pezzo la penisola della città per dare un’occhiata, ma il centro storico ha l’aria di essere troppo centro e troppo storico per la nostra macchina, quindi dietrofront e puntiamo alla meta, niente sindrome del cane che piscia…
A proposito: la meta è Tarifa, l’estrema punta meridionale della penisola iberica, di fronte alle coste africane. Lungo la strada gli alberi, scarsi, sono sostituiti dai …mulini a vento moderni. Ce n’è davvero distese. In auto discutiamo di vantaggi (ovvi) e svantaggi (estetici), riflettendo che da noi in Italia si è risolto il dubbio pensando a nuove centrali nucleari…
A un certo punto sbircio la mappa (niente ‘navigator’..si va all’antica…) e leggo “capo Trafalgar”; la guida mi conferma nell’intuizione: è proprio il luogo della famosa battaglia navale fra Inglesi e Franco-Spagnoli, …famosa per chi è stato a Londra, con Nelson, la colonna, i leoni e tutto il resto…Non sapevo nemmeno fosse qui, immaginavo dalle parti dell’Inghilterra. Strano che non ci sia nemmeno un cartello turistico ad indicare, penso; in fondo è il corrispondente marittimo di Waterloo…Poi mi sorge spontanea una riflessione, e mi dico “siamo in Spagna…è una loro catastrofe militare, …chi ha voglia di grattarsi le rogne in pubblico?”. A pochi km da qui c’è Gibilterra, ci stanno litigando ancora adesso Spagna e Inghilterra; anzi, ora che ci bado: Gibilterra nemmeno la indicano sui cartelli stradali. È proprio vero che la storia ( e i suoi annessi, come le ‘località storiche’) la fanno i vincitori…Chissà in Italia, con l’aria che tira, come cambieranno i cartelli turistici…cominceranno a segnalare Predappio già dalle parti di Bologna…
Comunque, famoso o non famoso, tiriamo dritto che si fa tardi: il progetto è di arrivare al mare, riposarsi un po’, guardare l’Africa lontana e tornare a dormire a Jerez de la Frontera. A pochi km da Tarifa lasciamo la statale N340 e svoltiamo sulla provinciale CA222. Si intravede il mare (ma è già oceano?) e decidiamo che va bene qui, un po’ più in là di dove hanno deciso che andava bene tutti gli altri…Scavalchiamo la duna che chiude la lunghissima spiaggia a nord di Tarifa e ci si apre un bel paesaggio ‘balneare’, con la distesa di sabbia degradante verso il mare là in basso….accidenti quanto è in basso…capito perché gli altr
i parcheggiavano indietro!….. Comunque siamo in forma e poco carichi (ah bei tempi quando si andava in spiaggia con i bimbi, trascinando quintali di roba…), quindi si scende a bagnarsi i piedi nell’oceano, che abbiamo deciso comincia dopo Gibilterra.
Non è ancora mezzogiorno. Fatti due conti, sette ore fa dormivamo nel nostro letto e adesso siamo qui stesi al sole a 2222 km da Brescia (lo dice Google Maps....provare per credere): potenza della modernità! Vogliamo cominciare una riflessione sull’etica del viaggio in quest’epoca bizzarra? Sarà per un’altra volta…
Il posto è bello, il cielo è punteggiato dalle vele del kate-surf (l’ho scoperto adesso, che me lo dice Antonio , come si chiama quel coso appeso a un grosso aquilone….), il sole è caldo e l’acqua invitante, però prima di entrare controlliamo se i ‘rumors’ di internet sulla temperatura del mare sono fondati……cavolo: è freddissima! Niente stile libero fino alla boa e fare il morto a occhi chiusi cullati dalle onde! Tre minuti per poter dire che ho fatto il bagno nell’oceano e poi fuori a scaldarsi al sole. Lungo la spiaggia c’è un via vai di gente che passa bianca e torna grigio scura: in fondo alla duna è tutto un brulichio di fanghi ‘fai-da-te’, ricavati dalle rocce sfaldate nell’acqua. Cerchiamo di capire lo scopo terapeutico origliando un po’ di spagnolo: pare faccia bene alla pelle e ai capelli; io e Antonio guardiamo le reciproche calvizie e decidiamo che non è cosa per noi...
Dopo un po’ di riposo arranchiamo sulla duna fino all’auto e ci concediamo il primo picnic della vacanza, sotto i pini, ma senza tavolini…Volete spendere meno di 2000 euro a coppia? A mezzogiorno panini….meglio ancora se offerti dagli amici! Il caffè lo prendiamo a Tarifa, ma senza girare troppo a cercare che la Tina mi va in down di caffeina e si sconnette…
La storia di ogni viaggio fatto da italiani è costellata dal tormentone del caffè, per cui giuro che poi non ne parlerò più: il caffè all’estero è quel che è, qualche volta va meglio, qualche altra (spesso…) meno; Spagna e Portogallo non fanno differenza. Piuttosto potrei riempire pagine sui diversi modi in cui siamo riusciti a chiamare il caffè macchiato in 15 giorni, suscitando lo sconcerto, l’irritazione o l’ilarità dei baristi di tutta la penisola iberica: alla fine si è bevuto di tutto, dai beveroni tipo caffèlatte alle tazzine appena sporche sul fondo. In ogni caso c’era dentro caffeina, che è quello che conta…
Tarifa è un bel centro storico assediato dall’orgia delle seconde case di qualità neanche troppo elevata. Giriamo un po’ per le stradine (tutte le guide dicono ‘l’incantevole intrico delle viuzze…’) e arriviamo di fronte al mare. L’Africa è lì di fronte, proprio vicina e …sembra uguale a qui! Cosa mi credevo? Di vedere gazzelle e leoni, giraffe e liane? Certo che no, però…
Il solito turista che viaggia con gli occhiali dei suoi preconcetti e il paraocchi delle sue aspettative! Verrebbe voglia di prendere uno degli aliscafi del porto che promettono l’Africa in meno di un’ora e andare di là a vedere com’è. Invece niente, che si fa tardi. Ripartiamo lungo la costa, verso la Rocca, per vedere almeno com’è da lontano, fermandoci di tanto in tanto a guardare lo stretto dai belvedere più o meno attrezzati..jpg)
Le colonne d’Ercole segnano il confine fra oceano e mediterraneo, da una parte lo sperone della Rocca e dall’altra le pareti scoscese sopra la spagnola Ceuta, (un pezzo d’Europa trapiantato in Africa). Secondo la tradizione: perché anche di questo mica si è sicuri, che qualcuno dubita fosse qui il confine del mondo conosciuto, con buona pace di tutta la geografia antica e quindi anche della storia che ne consegue ( vedere qui... http://www.controluce.it/giornali/a12n02/22-archeologia.htm per i più curiosi).
Di certo adesso è qui il confine della terra promessa per migliaia di migranti che guardano alla Spagna come porta d’ingresso per un futuro migliore, a volte senza nemmeno traversare questo braccio di mare, cercando di scavalcare i sei metri di altezza delle reti che circondano Ceuta e Melilla, gentilmente invitati a desistere a colpi di fucile dalla polizia marocchina e dalla guardia civile spagnola del socialista Zapatero….Ma comunque su questo in Italia abbiamo poco da insegnare…
Per ironia della storia, ogni paese da queste parti si chiama “…de la frontera”, a ricordare tempi in cui i discendenti di qualche oscura stirpe visigota dovevano ancora riconquistare questo pezzo di terra ai discendenti di Maometto, ciascuno rivendicando la leggittimità dei propri diritti…a discapito entrambi dei poveri figli di questa terra, come sempre succede ai figli poveri di tutte le terre del mondo…
Ormai è tardi. Risaliamo la A381 verso Jerez, attraverso sugheri ed eucalipti, e dopo un po’ di litigi con le mappe di google scaricate per localizzare l’albergo (un Ibis dignitoso…) arriviamo a destinazione. Il primo giorno è andato, ma siamo ancora abbastanza carichi per un uscita serale dopo la cena in albergo. Vediamo Jerez ‘by-night’ passeggiando per le vie del centro, dove non sembra regnare la mitica ‘movida’; o forse siamo noi ad aver esaurito l’energia per cercare i locali di flamenco pubblicizzati lungo la strada….ci trasciniamo in albergo e buonanotte.
Prima di dormire un po’ di zapping che concilia il riposo, fra un reality e un notiziario (tutto il mondo è paese?) passano anche le scene di un film porno (ma pensa ‘sti alberghi spagnoli…), che non riesce comunque a ridestare un fisico provato: Morfeo batte Venere 1 a 0, ci si vede domani.
A proposito: la meta è Tarifa, l’estrema punta meridionale della penisola iberica, di fronte alle coste africane. Lungo la strada gli alberi, scarsi, sono sostituiti dai …mulini a vento moderni. Ce n’è davvero distese. In auto discutiamo di vantaggi (ovvi) e svantaggi (estetici), riflettendo che da noi in Italia si è risolto il dubbio pensando a nuove centrali nucleari…
A un certo punto sbircio la mappa (niente ‘navigator’..si va all’antica…) e leggo “capo Trafalgar”; la guida mi conferma nell’intuizione: è proprio il luogo della famosa battaglia navale fra Inglesi e Franco-Spagnoli, …famosa per chi è stato a Londra, con Nelson, la colonna, i leoni e tutto il resto…Non sapevo nemmeno fosse qui, immaginavo dalle parti dell’Inghilterra. Strano che non ci sia nemmeno un cartello turistico ad indicare, penso; in fondo è il corrispondente marittimo di Waterloo…Poi mi sorge spontanea una riflessione, e mi dico “siamo in Spagna…è una loro catastrofe militare, …chi ha voglia di grattarsi le rogne in pubblico?”. A pochi km da qui c’è Gibilterra, ci stanno litigando ancora adesso Spagna e Inghilterra; anzi, ora che ci bado: Gibilterra nemmeno la indicano sui cartelli stradali. È proprio vero che la storia ( e i suoi annessi, come le ‘località storiche’) la fanno i vincitori…Chissà in Italia, con l’aria che tira, come cambieranno i cartelli turistici…cominceranno a segnalare Predappio già dalle parti di Bologna…
Comunque, famoso o non famoso, tiriamo dritto che si fa tardi: il progetto è di arrivare al mare, riposarsi un po’, guardare l’Africa lontana e tornare a dormire a Jerez de la Frontera. A pochi km da Tarifa lasciamo la statale N340 e svoltiamo sulla provinciale CA222. Si intravede il mare (ma è già oceano?) e decidiamo che va bene qui, un po’ più in là di dove hanno deciso che andava bene tutti gli altri…Scavalchiamo la duna che chiude la lunghissima spiaggia a nord di Tarifa e ci si apre un bel paesaggio ‘balneare’, con la distesa di sabbia degradante verso il mare là in basso….accidenti quanto è in basso…capito perché gli altr
i parcheggiavano indietro!….. Comunque siamo in forma e poco carichi (ah bei tempi quando si andava in spiaggia con i bimbi, trascinando quintali di roba…), quindi si scende a bagnarsi i piedi nell’oceano, che abbiamo deciso comincia dopo Gibilterra.Non è ancora mezzogiorno. Fatti due conti, sette ore fa dormivamo nel nostro letto e adesso siamo qui stesi al sole a 2222 km da Brescia (lo dice Google Maps....provare per credere): potenza della modernità! Vogliamo cominciare una riflessione sull’etica del viaggio in quest’epoca bizzarra? Sarà per un’altra volta…
Il posto è bello, il cielo è punteggiato dalle vele del kate-surf (l’ho scoperto adesso, che me lo dice Antonio , come si chiama quel coso appeso a un grosso aquilone….), il sole è caldo e l’acqua invitante, però prima di entrare controlliamo se i ‘rumors’ di internet sulla temperatura del mare sono fondati……cavolo: è freddissima! Niente stile libero fino alla boa e fare il morto a occhi chiusi cullati dalle onde! Tre minuti per poter dire che ho fatto il bagno nell’oceano e poi fuori a scaldarsi al sole. Lungo la spiaggia c’è un via vai di gente che passa bianca e torna grigio scura: in fondo alla duna è tutto un brulichio di fanghi ‘fai-da-te’, ricavati dalle rocce sfaldate nell’acqua. Cerchiamo di capire lo scopo terapeutico origliando un po’ di spagnolo: pare faccia bene alla pelle e ai capelli; io e Antonio guardiamo le reciproche calvizie e decidiamo che non è cosa per noi...
Dopo un po’ di riposo arranchiamo sulla duna fino all’auto e ci concediamo il primo picnic della vacanza, sotto i pini, ma senza tavolini…Volete spendere meno di 2000 euro a coppia? A mezzogiorno panini….meglio ancora se offerti dagli amici! Il caffè lo prendiamo a Tarifa, ma senza girare troppo a cercare che la Tina mi va in down di caffeina e si sconnette…
La storia di ogni viaggio fatto da italiani è costellata dal tormentone del caffè, per cui giuro che poi non ne parlerò più: il caffè all’estero è quel che è, qualche volta va meglio, qualche altra (spesso…) meno; Spagna e Portogallo non fanno differenza. Piuttosto potrei riempire pagine sui diversi modi in cui siamo riusciti a chiamare il caffè macchiato in 15 giorni, suscitando lo sconcerto, l’irritazione o l’ilarità dei baristi di tutta la penisola iberica: alla fine si è bevuto di tutto, dai beveroni tipo caffèlatte alle tazzine appena sporche sul fondo. In ogni caso c’era dentro caffeina, che è quello che conta…
Tarifa è un bel centro storico assediato dall’orgia delle seconde case di qualità neanche troppo elevata. Giriamo un po’ per le stradine (tutte le guide dicono ‘l’incantevole intrico delle viuzze…’) e arriviamo di fronte al mare. L’Africa è lì di fronte, proprio vicina e …sembra uguale a qui! Cosa mi credevo? Di vedere gazzelle e leoni, giraffe e liane? Certo che no, però…
Il solito turista che viaggia con gli occhiali dei suoi preconcetti e il paraocchi delle sue aspettative! Verrebbe voglia di prendere uno degli aliscafi del porto che promettono l’Africa in meno di un’ora e andare di là a vedere com’è. Invece niente, che si fa tardi. Ripartiamo lungo la costa, verso la Rocca, per vedere almeno com’è da lontano, fermandoci di tanto in tanto a guardare lo stretto dai belvedere più o meno attrezzati.
.jpg)
Le colonne d’Ercole segnano il confine fra oceano e mediterraneo, da una parte lo sperone della Rocca e dall’altra le pareti scoscese sopra la spagnola Ceuta, (un pezzo d’Europa trapiantato in Africa). Secondo la tradizione: perché anche di questo mica si è sicuri, che qualcuno dubita fosse qui il confine del mondo conosciuto, con buona pace di tutta la geografia antica e quindi anche della storia che ne consegue ( vedere qui... http://www.controluce.it/giornali/a12n02/22-archeologia.htm per i più curiosi).
Di certo adesso è qui il confine della terra promessa per migliaia di migranti che guardano alla Spagna come porta d’ingresso per un futuro migliore, a volte senza nemmeno traversare questo braccio di mare, cercando di scavalcare i sei metri di altezza delle reti che circondano Ceuta e Melilla, gentilmente invitati a desistere a colpi di fucile dalla polizia marocchina e dalla guardia civile spagnola del socialista Zapatero….Ma comunque su questo in Italia abbiamo poco da insegnare…
Per ironia della storia, ogni paese da queste parti si chiama “…de la frontera”, a ricordare tempi in cui i discendenti di qualche oscura stirpe visigota dovevano ancora riconquistare questo pezzo di terra ai discendenti di Maometto, ciascuno rivendicando la leggittimità dei propri diritti…a discapito entrambi dei poveri figli di questa terra, come sempre succede ai figli poveri di tutte le terre del mondo…
Ormai è tardi. Risaliamo la A381 verso Jerez, attraverso sugheri ed eucalipti, e dopo un po’ di litigi con le mappe di google scaricate per localizzare l’albergo (un Ibis dignitoso…) arriviamo a destinazione. Il primo giorno è andato, ma siamo ancora abbastanza carichi per un uscita serale dopo la cena in albergo. Vediamo Jerez ‘by-night’ passeggiando per le vie del centro, dove non sembra regnare la mitica ‘movida’; o forse siamo noi ad aver esaurito l’energia per cercare i locali di flamenco pubblicizzati lungo la strada….ci trasciniamo in albergo e buonanotte.
Prima di dormire un po’ di zapping che concilia il riposo, fra un reality e un notiziario (tutto il mondo è paese?) passano anche le scene di un film porno (ma pensa ‘sti alberghi spagnoli…), che non riesce comunque a ridestare un fisico provato: Morfeo batte Venere 1 a 0, ci si vede domani.
Nessun commento:
Posta un commento