Il progetto della giornata è di proseguire nella perlustrazione della costa d’Algarve, trasferendoci per il pernottamento a Portimao. Tutte le guide e i reportage di viaggio sconsigliano di infilarsi ad Albufeira, la Rimini del Portogallo, e noi ci atteniamo rigorosamente alle indicazioni.
Scendiamo da Loulè verso la costa, passando da Almancil per ammirare la sua decantata chiesa di San Lourenco… che il lunedì è puntualmente chiusa. Peccato perché pare che i suoi interni siano particolarmente belli. Ma Almancil è più famosa per i suoi campi da golf che coprono buona parte della costa fra Quinta do Lago e Vale do Lobo, ai confini (ma dentro) la riserva naturale di Ria Formosa. Questo ha l’aria di essere un pezzo di Inghilterra piantato in Portogallo. Chilometri di vialetti bordati di fiori, pinete e palmizi a circondare tappeti erbosi rasati per golfisti. L’accesso alla costa è consentito previo pagamento del biglietto per oltrepassare la sbarra (vigilata) del parcheggio. Dev’essere il frutto delle ‘solide relazioni politiche’ che legano Inghilterra e Portogallo dal 1300: la più antica ininterrotta relazione politica della storia d’Europa e forse del mondo. Come in tutte le relazioni durature, dev’esserci qualcuno più consenziente fra i due (qualcuno ‘che manda giù’, come si dice dalle nostre parti). Nello specifico credo sia il Portogallo, anche perché non ce li vedo gli inglesi in questo ruolo…
Per capire l’importanza della presenza inglese in questa zona basta sbirciare le vetrine delle agenzie immobiliari, con tutti gli annunci in inglese, o controllare la destinazione delle rotte RyanAir da Faro.
Nell’insieme l’innesto urbanistico è un po’ stridente con la natura circostante, ma anche nella nostra Sardegna non siamo poi lontani da questi “paradisi artificiali”…..
Torniamo in macchina e cerchiamo un posto meno “glamour” dove appoggiare le nostre chiappe proletarie e per niente “politically correct”, spostandoci verso Praya da Falesia, pochi chiilometri più ad ovest. Qui la costa è bordata in modo più o meno continuo da una falesia di roccia rossa (arenaria rossa?) che rende il paesaggio molto bello, isolando la spiaggia dalla vista delle costruzioni retrostanti non proprio gradevoli (niente a che vedere, appunto, con i cottage all’inglese di Valle do Lobo….). Ci concediamo una sosta ristoratrice sulla spiaggia e, udite udite , anche un bagno, perché l’acqua è davvero invitante: per me sarà comunque l’ultimo della vacanza, troppo freddo…
Nel giro di un paio d’ore l’oceano ci fa arretrare di 5-6 metri verso le rocce, insieme agli altri turisti ignari del ciclo delle maree, abituati al placido mediterraneo: sembra ci inviti a togliere il disturbo e quindi, data l’ora, acconsentiamo. Dall’alto la spiaggia si stende per chilometri, davvero un bel posto, naturalisticamente parlando.
Ci dirigiamo verso l’interno, lungo la N269, destinazione Silves, l’antica capitale d’Algarve. La vista della cittadina, all’arrivo, promette più di quanto mantenga, con il castello di arenaria rossa a dominare il paese. La visita dentro le mura si riduce in sostanza ad una passeggiata lungo i bastioni, dato che l’interno è un cantiere di recupero archeologico dall’aspetto un po’ abbandonato.
All’ingresso del castello un’imponente statua del re portoghese Sancho I ingombra il cortile: una adeguata immagine di quello che deve aver significato per la raffinata cultura araba l’arrivo dei conquistatori cristiani. Non a caso la decadenza della città ha inizio con la dominazione dei re portoghesi. Passeggiamo un po’ lungo le strade del paese intorno al castello; è in corso lo smantellamento di una festa medievale, c’è ancora qualche installazione in fase di imballaggio: la capanna del maniscalco, la giostra del moro, un po’ di paglia qua e la…chissà se anche da queste parti si rimesta nella tradizione per suscitare un po’ di orgoglio lusitano, come da noi si fa per l’orgoglio padano. Mi torna in mente una puntata de “il caso scafroglia”, una delle poche trasmissioni intelligenti degli ultimi 10 anni televisivi, dove Guzzanti si prendeva gioco di questa apparente riscoperta delle tradizioni, fatta di cartapesta e costumi improbabili. In fondo, a noi uomini del duemila, che capiamo sempre meno del presente e abbiamo il terrore del futuro, piace un sacco l’idea di passeggiare in calzamaglia come Benigni e Troisi (eh si, è un mio cult movie….) in pieno medioevo, ipotizzando la costruzione della lampadina o dello sciacquone, in un presente finto il cui divenire ci è pienamente noto, con l’auto parcheggiata dietro l’angolo….
Comunque, massimo rispetto per gli artisti-artigiani che stanno smontando gli stand: di questa moda han fatto professione e, come si dice, sempre meglio che andare in fonderia….
Riprendiamo l’auto e proseguiamo lungo la N126, che si dipana fra colline e lungo il corso della Ribeira de Odelouca fino ad incrociare la N266 che dalla Serra de Monchique scende verso il mare e Portimao, la nostra destinazione finale. La città ci appare da lontano, con i suoi condomini moderni che svettano sulla pianura là in fondo. In breve siamo nel traffico di una moderna località balneare, cercando di sfuggire tangenzialmente in direzione Praya do Vau. Il Residencial do Vau è visibile sulla collina, collocato in modo un po’ surreale in un’area poco edificata immersa nel cuore dell’urbanizzazione turistico-alberghiera verticale. Ipotizziamo che il proprietario di tutti i terreni costruiti qui intorno fosse originario di una di queste casette, e abbia voluto mantenerle in piedi per qualche ragione sentimentale, come avrebbe voluto fare il ragazzo della via Gluck…..
Isolato dal contesto è effettivamente un bel posto, in una posizione eccezionale, a pochi metri dalla Praya do Vau che prosegue nella più famosa Praya da Rocha. La struttura del residence è un buon esempio di come una descrizione pubblicitaria, pur senza dire sostanziali bugie, possa indurre aspettative…..diciamo sovradimensionate.
Rileggendo oggi cosa riporta il sito web di riferimento, viene un po’ da sorridere….Infatti il gestore è un tipo simpatico (avrà voluto scherzare..), e fino ad ora non ne abbiamo incontrati molti di portoghesi così. Mi sorge qualche dubbio sull’efficienza organizzativa della struttura quando vedo che il software di gestione/prenotazione della reception si basa su un foglio di calcolo in Excel: effettivamente manca una camera, o meglio, bisogna buttare fuori i bagagli di chi ci ha preceduto e non si sa dove sia adesso (è un mistero che mi turba ancora oggi: a notte fonda i bagagli di costoro erano ancora nella stanza di ingresso, che fine avranno fatto?). Marina avanza qualche perplessità sul fatto che la signora addetta alle pulizie abbia potuto fare un granchè nel tempo impiegato fra l’entrata e l’uscita dalla camera, ma una volta dentro ci rendiamo conto che sarebbe stata comunque una “mission impossible”: lodiamo l’impegno, le lenzuola sono pulite e c’è l’acqua calda…50 euro al giorno e va bene così, per noi che abbiamo frequentato le case degli Amici della Natura in Italia e all’estero la sistemazione è decorosa…
Il simpatico gestore, dietro nostra richiesta di un ristorante “not too much expensive” nei paraggi, ci indica entusiasta un locale brasiliano, il “sabor Gaucho”, ammiccando come a dire “ho capito il genere che siete…” (eh bravo, altrimenti mica saremmo qui….).
È una specie di paese di bengodi, un self-service a buffet da “ 10 euro e mangi quel che riesci” (che è diverso da ‘quel che vuoi’, specificherebbe Marina ancora in rotta con la cucina portoghese…): a parte lei, ci togliamo la fame per un paio di giorni. Nel locale si aggirano camerieri che brandiscono spiedi di carni varie stile Asterix, perchè l’alternativa al buffet è il “tutto carne brasiliana”. Durante la cena si avvicina un cameriere che, scoperta la nostra provenienza, comincia a parlarci in dialetto veneto! È un Italo-Brasiliano di seconda generazione, con l’aria un po’ triste quando parla del Brasile da cui è dovuto partire, e ci racconta del suo desiderio di andare in Italia almeno una volta, a Venezia, date le sue origini… Alla fine del pasto ci domanderà se il suo italiano è sufficiente per un viaggio nella terra degli avi; gli diremo di si per incoraggiarlo, senza aggiungere che forse è meglio limitare il viaggio al triveneto, se vuole essere compreso….
Prima di dormire, due passi al belvedere, con luna che sorge sull’oceano, tipo cartolina; decidiamo che domani ci facciamo ancora un po’ di mare alla spiaggia qui sotto, storicamente “la prima località balneare d’Algarve ad essere sfruttata turisticamente”: ci sarà un motivo…cercheremo di scoprirlo. Nella camera il mobilio è …d’epoca, come tutta la struttura. Il letto a una piazza e mezza (scarsa) faciliterebbe incontri ravvicinati di un certo tipo, ma il cigolio che segue ogni minimo movimento ci induce a bloccarci fissando il soffitto; la stanchezza fa il resto…e buonanotte.
Scendiamo da Loulè verso la costa, passando da Almancil per ammirare la sua decantata chiesa di San Lourenco… che il lunedì è puntualmente chiusa. Peccato perché pare che i suoi interni siano particolarmente belli. Ma Almancil è più famosa per i suoi campi da golf che coprono buona parte della costa fra Quinta do Lago e Vale do Lobo, ai confini (ma dentro) la riserva naturale di Ria Formosa. Questo ha l’aria di essere un pezzo di Inghilterra piantato in Portogallo. Chilometri di vialetti bordati di fiori, pinete e palmizi a circondare tappeti erbosi rasati per golfisti. L’accesso alla costa è consentito previo pagamento del biglietto per oltrepassare la sbarra (vigilata) del parcheggio. Dev’essere il frutto delle ‘solide relazioni politiche’ che legano Inghilterra e Portogallo dal 1300: la più antica ininterrotta relazione politica della storia d’Europa e forse del mondo. Come in tutte le relazioni durature, dev’esserci qualcuno più consenziente fra i due (qualcuno ‘che manda giù’, come si dice dalle nostre parti). Nello specifico credo sia il Portogallo, anche perché non ce li vedo gli inglesi in questo ruolo…
Per capire l’importanza della presenza inglese in questa zona basta sbirciare le vetrine delle agenzie immobiliari, con tutti gli annunci in inglese, o controllare la destinazione delle rotte RyanAir da Faro.
Nell’insieme l’innesto urbanistico è un po’ stridente con la natura circostante, ma anche nella nostra Sardegna non siamo poi lontani da questi “paradisi artificiali”…..
Torniamo in macchina e cerchiamo un posto meno “glamour” dove appoggiare le nostre chiappe proletarie e per niente “politically correct”, spostandoci verso Praya da Falesia, pochi chiilometri più ad ovest. Qui la costa è bordata in modo più o meno continuo da una falesia di roccia rossa (arenaria rossa?) che rende il paesaggio molto bello, isolando la spiaggia dalla vista delle costruzioni retrostanti non proprio gradevoli (niente a che vedere, appunto, con i cottage all’inglese di Valle do Lobo….). Ci concediamo una sosta ristoratrice sulla spiaggia e, udite udite , anche un bagno, perché l’acqua è davvero invitante: per me sarà comunque l’ultimo della vacanza, troppo freddo…
Nel giro di un paio d’ore l’oceano ci fa arretrare di 5-6 metri verso le rocce, insieme agli altri turisti ignari del ciclo delle maree, abituati al placido mediterraneo: sembra ci inviti a togliere il disturbo e quindi, data l’ora, acconsentiamo. Dall’alto la spiaggia si stende per chilometri, davvero un bel posto, naturalisticamente parlando.
Ci dirigiamo verso l’interno, lungo la N269, destinazione Silves, l’antica capitale d’Algarve. La vista della cittadina, all’arrivo, promette più di quanto mantenga, con il castello di arenaria rossa a dominare il paese. La visita dentro le mura si riduce in sostanza ad una passeggiata lungo i bastioni, dato che l’interno è un cantiere di recupero archeologico dall’aspetto un po’ abbandonato.
All’ingresso del castello un’imponente statua del re portoghese Sancho I ingombra il cortile: una adeguata immagine di quello che deve aver significato per la raffinata cultura araba l’arrivo dei conquistatori cristiani. Non a caso la decadenza della città ha inizio con la dominazione dei re portoghesi. Passeggiamo un po’ lungo le strade del paese intorno al castello; è in corso lo smantellamento di una festa medievale, c’è ancora qualche installazione in fase di imballaggio: la capanna del maniscalco, la giostra del moro, un po’ di paglia qua e la…chissà se anche da queste parti si rimesta nella tradizione per suscitare un po’ di orgoglio lusitano, come da noi si fa per l’orgoglio padano. Mi torna in mente una puntata de “il caso scafroglia”, una delle poche trasmissioni intelligenti degli ultimi 10 anni televisivi, dove Guzzanti si prendeva gioco di questa apparente riscoperta delle tradizioni, fatta di cartapesta e costumi improbabili. In fondo, a noi uomini del duemila, che capiamo sempre meno del presente e abbiamo il terrore del futuro, piace un sacco l’idea di passeggiare in calzamaglia come Benigni e Troisi (eh si, è un mio cult movie….) in pieno medioevo, ipotizzando la costruzione della lampadina o dello sciacquone, in un presente finto il cui divenire ci è pienamente noto, con l’auto parcheggiata dietro l’angolo….
Comunque, massimo rispetto per gli artisti-artigiani che stanno smontando gli stand: di questa moda han fatto professione e, come si dice, sempre meglio che andare in fonderia….
Riprendiamo l’auto e proseguiamo lungo la N126, che si dipana fra colline e lungo il corso della Ribeira de Odelouca fino ad incrociare la N266 che dalla Serra de Monchique scende verso il mare e Portimao, la nostra destinazione finale. La città ci appare da lontano, con i suoi condomini moderni che svettano sulla pianura là in fondo. In breve siamo nel traffico di una moderna località balneare, cercando di sfuggire tangenzialmente in direzione Praya do Vau. Il Residencial do Vau è visibile sulla collina, collocato in modo un po’ surreale in un’area poco edificata immersa nel cuore dell’urbanizzazione turistico-alberghiera verticale. Ipotizziamo che il proprietario di tutti i terreni costruiti qui intorno fosse originario di una di queste casette, e abbia voluto mantenerle in piedi per qualche ragione sentimentale, come avrebbe voluto fare il ragazzo della via Gluck…..
Isolato dal contesto è effettivamente un bel posto, in una posizione eccezionale, a pochi metri dalla Praya do Vau che prosegue nella più famosa Praya da Rocha. La struttura del residence è un buon esempio di come una descrizione pubblicitaria, pur senza dire sostanziali bugie, possa indurre aspettative…..diciamo sovradimensionate.
Rileggendo oggi cosa riporta il sito web di riferimento, viene un po’ da sorridere….Infatti il gestore è un tipo simpatico (avrà voluto scherzare..), e fino ad ora non ne abbiamo incontrati molti di portoghesi così. Mi sorge qualche dubbio sull’efficienza organizzativa della struttura quando vedo che il software di gestione/prenotazione della reception si basa su un foglio di calcolo in Excel: effettivamente manca una camera, o meglio, bisogna buttare fuori i bagagli di chi ci ha preceduto e non si sa dove sia adesso (è un mistero che mi turba ancora oggi: a notte fonda i bagagli di costoro erano ancora nella stanza di ingresso, che fine avranno fatto?). Marina avanza qualche perplessità sul fatto che la signora addetta alle pulizie abbia potuto fare un granchè nel tempo impiegato fra l’entrata e l’uscita dalla camera, ma una volta dentro ci rendiamo conto che sarebbe stata comunque una “mission impossible”: lodiamo l’impegno, le lenzuola sono pulite e c’è l’acqua calda…50 euro al giorno e va bene così, per noi che abbiamo frequentato le case degli Amici della Natura in Italia e all’estero la sistemazione è decorosa…
Il simpatico gestore, dietro nostra richiesta di un ristorante “not too much expensive” nei paraggi, ci indica entusiasta un locale brasiliano, il “sabor Gaucho”, ammiccando come a dire “ho capito il genere che siete…” (eh bravo, altrimenti mica saremmo qui….).
È una specie di paese di bengodi, un self-service a buffet da “ 10 euro e mangi quel che riesci” (che è diverso da ‘quel che vuoi’, specificherebbe Marina ancora in rotta con la cucina portoghese…): a parte lei, ci togliamo la fame per un paio di giorni. Nel locale si aggirano camerieri che brandiscono spiedi di carni varie stile Asterix, perchè l’alternativa al buffet è il “tutto carne brasiliana”. Durante la cena si avvicina un cameriere che, scoperta la nostra provenienza, comincia a parlarci in dialetto veneto! È un Italo-Brasiliano di seconda generazione, con l’aria un po’ triste quando parla del Brasile da cui è dovuto partire, e ci racconta del suo desiderio di andare in Italia almeno una volta, a Venezia, date le sue origini… Alla fine del pasto ci domanderà se il suo italiano è sufficiente per un viaggio nella terra degli avi; gli diremo di si per incoraggiarlo, senza aggiungere che forse è meglio limitare il viaggio al triveneto, se vuole essere compreso….
Prima di dormire, due passi al belvedere, con luna che sorge sull’oceano, tipo cartolina; decidiamo che domani ci facciamo ancora un po’ di mare alla spiaggia qui sotto, storicamente “la prima località balneare d’Algarve ad essere sfruttata turisticamente”: ci sarà un motivo…cercheremo di scoprirlo. Nella camera il mobilio è …d’epoca, come tutta la struttura. Il letto a una piazza e mezza (scarsa) faciliterebbe incontri ravvicinati di un certo tipo, ma il cigolio che segue ogni minimo movimento ci induce a bloccarci fissando il soffitto; la stanchezza fa il resto…e buonanotte.
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