Oggi è il giorno del Signore. Ma non gli renderemo grazie come dovremmo….
Al termine della giornata, comunque, avremo trascorso un bel po’ di tempo in sua compagnia, visitando cattedrali e santuari, compreso uno dei tanti che si è costruito da solo, prima ancora che l’uomo popolasse la terra…
Il programma della giornata prevede la mattina al mare e il pomeriggio a zonzo, ma dopo una visita in avanscoperta al monastero scopro che la domenica l’ingresso ai monumenti è gratuito fino alle 14, quindi, da bravi turisti risparmiatori, invertiamo l’ordine dei fattori, che tanto il prodotto non cambia, ma teniamo a mano un buon 30 euro…
Dopo la parca colazione domenicale (però con aggiunta di tortina apparentemente fatta in casa…. unico strappo alla regola monastica dell’albergo…), scendiamo in piazza ed entriamo nella chiesa del monastero. Questa è descritta come la più grande del Portogallo, non so se in altezza, lunghezza o cubatura: di certo l’aspetto è…. spartanamente maestoso. L’interno è di un puro gotico, il primo edificato in Portogallo, che dalla facciata esterna barocca non ti aspetteresti. Ma quello che più colpisce è l’assenza di decorazioni e arredi, che unita alla verticalità e alla luminosità dell’interno esprime pienamente la sacralità del luogo. Direi che oggi l’architettura moderna riesce a rendere questo effetto solo in certi androni d’ingresso delle sedi bancarie, giusto riconoscimento per il nuovo (o vecchio?) dio che ci siamo scelti…
Nel transetto sono collocate le due tombe monumentali di Pietro I e sua moglie Ines de Castro, non ricordata come regina, in quanto amante sposata in segrete nozze. La storia di questi Romeo e Giulietta portoghesi è presto detta: lei, l’amante (spagnola) del principe Pietro, viene uccisa per motivi politici e d’opportunità su ordine del Re portoghese (padre di Pietro). Lui, salito al trono per diritto ereditario, realizza la sua vendetta, della quale la parte più macabra si compie proprio in questo convento, quando, dissepolto il corpo dell’amata (qualche anno dopo la morte…) obbliga la corte reale a renderle omaggio, come regina…
La storia è arricchita da altri particolari truculenti, come i cuori degli assassini mangiati dal principe e le torture a cui gli stessi furono sottoposti…
Per desiderio del principe, si dice, le due tombe sono poste una di fronte all’altra, in modo che alla resurrezione dei corpi i loro sguardi siano i primi ad incontrarsi: una nota di poesia un po’ stridente con il resto della storia, ma erano altri tempi, un po’ difficili da capire per noi del XXI secolo. L’unico legame rimasto con gli innamorati moderni è quello tramandato dalla tradizione, seguendo la quale molte coppie vengono a giurarsi amore eterno su queste tombe, lasciando un fiore fra le mani della sfortunata amante.
Altre tombe di antichi re portoghesi condividono con queste due gli spazi attigui al transetto, a dimostrazione dell’importanza che questo monastero rivestiva in epoca medioevale. Un’importanza resa ancora più evidente, visitando i locali dell’abbazia, dalle dimensioni dei refettori e delle sale comuni dei monaci o, più prosaicamente, dalle “sproporzioni” della cucina, con un enorme camino e un piccolo canale d’acqua corrente destinato alla fornitura di pesce fresco direttamente dal fiume. D’altra parte le guide raccontano che alla sua massima espansione raccoglieva, il monastero, quasi 1000 monaci, avranno pur dovuto mangiare. Qualcuno però mangiava troppo, tanto che nel refettorio esiste tuttora un’apertura d’accesso che si dice servisse a “filtrare” l’ingresso dei monaci troppo grassi: chi non passava dalla porta doveva mettersi a dieta….Noi proviamo le nostre dimensioni e tutto sommato ci dichiariamo idonei al pasto, ma è ancora presto per pensare al cibo. Il resto dei locali aperti al pubblico meriterebbe forse più tempo, ma non ne abbiamo, quindi concludiamo rapidamente il nostro giro, saliamo in vettura e ci dirigiamo verso la seconda tappa, il monastero di Batalha.
Riprendiamo la N8 in direzione nord-est e dopo pochi chilometri attraversiamo l’abitato di Aljubarrota, accolti all’ingresso dalla statua di un cavaliere medioevale non meglio identificato. Questo paesino anonimo è universalmente conosciuto in tutto il Portogallo per la omonima battaglia che, secondo gli storici, diede inizio il 14 agosto del 1385 alla nazione portoghese, grazie alla vittoria del re Giovanni I di Portogallo sull’esercito del re Giovanni I di Castiglia che voleva unificare le due corone (ovviamente sulla sua sola testa…). Curioso come all’inizio di ogni storia patria si tenda a porre qualche reciproco scannamento con la patria attigua, nel quale generalmente lasciano la pelle svariati figli di entrambe le patrie, più matrigne che madri, in questi casi….
Se il fine sta nei mezzi come la pianta nel seme (vecchio detto ghandiano..) può venire qualcosa di buono da questi inizi? Bisognerebbe chiederlo ai milioni che nei secoli sono morti in nome della patria e nell’interesse di chi la patria comandava, fosse re o imperatore o presidente o dittatore….
Curioso anche come il re vincitore di allora abbia deciso di costruire il monastero di Batalha intitolandolo a Santa Maria della Vittoria, per ringraziare la Madonna del sostegno fornito alle sue truppe: i castigliani, altrettanto fedeli e cattolici, ne avranno probabilmente bestemmiato il nome, visto l’esito dello scontro…D’altra parte questa del “Dio con noi” è una storia vecchia, vecchia come il vecchio testamento….peccato nessuno si fosse ancora accorto, 1385 anni dopo, che ne era cominciato uno nuovo, per non parlare dei secoli seguenti…
Proseguendo sulla N8 ci immettiamo sulla N1 e attraversiamo l’abitato di Sao Jorge, dove la battaglia si è svolta. Si narra che il monastero sia stato costruito dove si conficcò la lancia scagliata dal vincitore sul campo di battaglia: se è così detiene ancora il record di lancio del giavellotto, perché da qui al monastero saranno almeno due chilometri….In auto li percorriamo in fretta ed entriamo nella cittadina sorta intorno al monumento. Ha l’aria moderna e turistica, un po’ in contrasto con l’edificio imponente che ne motiva l’esistenza. Il monastero di pietra color ocra occupa una vasta area a fianco della strada principale. Parcheggiamo ed entriamo subito nel chiostro di Giovanni I, trionfo di decorazioni “manueline” (così dice la guida…) innestate sull’architettura gotica. Da qui si accede a varie sale, fra le quali spicca la sala capitolare famosa per “l’arditezza delle sue linee”, talmente ardite che per costruirla furono impiegati dei condannati a morte….La storia racconta che “dopo due fallimenti” (dalle conseguenze facilmente ipotizzabili….) la costruzione venne terminata e l’architetto decise di passare la notte sotto le volte per dimostrarne la assoluta affidabilità; dall’aldilà le vittime dei fallimenti precedenti avranno implorato un terremoto, inascoltati….Oggi sotto le volte “ardite” passa le notti il milite ignoto; potevano scegliere collocazione migliore? Certo le gerarchie militari l’avranno fatto per la retorica della patria, battaglia vinta ecc. ecc.. A me piace pensare che sia il luogo giusto per ricordare i tanti poveri militi ignoti: tutti i giorni e le notti sotto una volta gotica costruita per scommessa, sperando che regga, confermando l’essenza della condizione militare (ben lontana da fanfare e stendardi) così ben riassunta dal poeta con “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie…”. Chissà se i due soldatini sull’attenti a fianco del mausoleo si pongono il problema, certo più pressante per loro che per le povere ossa tumulate: dopo sei secoli di solidità ne dubito, e d’altra parte l’assuefazione al rischio è un altro aspetto della condizione militare….
Da queste sale passiamo alle “cappelle interrotte”, una parte dell’edificio mai portata a termine e che da questa incompletezza deriva un fascino ulteriore.
Al termine della giornata, comunque, avremo trascorso un bel po’ di tempo in sua compagnia, visitando cattedrali e santuari, compreso uno dei tanti che si è costruito da solo, prima ancora che l’uomo popolasse la terra…
Il programma della giornata prevede la mattina al mare e il pomeriggio a zonzo, ma dopo una visita in avanscoperta al monastero scopro che la domenica l’ingresso ai monumenti è gratuito fino alle 14, quindi, da bravi turisti risparmiatori, invertiamo l’ordine dei fattori, che tanto il prodotto non cambia, ma teniamo a mano un buon 30 euro…
Dopo la parca colazione domenicale (però con aggiunta di tortina apparentemente fatta in casa…. unico strappo alla regola monastica dell’albergo…), scendiamo in piazza ed entriamo nella chiesa del monastero. Questa è descritta come la più grande del Portogallo, non so se in altezza, lunghezza o cubatura: di certo l’aspetto è…. spartanamente maestoso. L’interno è di un puro gotico, il primo edificato in Portogallo, che dalla facciata esterna barocca non ti aspetteresti. Ma quello che più colpisce è l’assenza di decorazioni e arredi, che unita alla verticalità e alla luminosità dell’interno esprime pienamente la sacralità del luogo. Direi che oggi l’architettura moderna riesce a rendere questo effetto solo in certi androni d’ingresso delle sedi bancarie, giusto riconoscimento per il nuovo (o vecchio?) dio che ci siamo scelti…
Nel transetto sono collocate le due tombe monumentali di Pietro I e sua moglie Ines de Castro, non ricordata come regina, in quanto amante sposata in segrete nozze. La storia di questi Romeo e Giulietta portoghesi è presto detta: lei, l’amante (spagnola) del principe Pietro, viene uccisa per motivi politici e d’opportunità su ordine del Re portoghese (padre di Pietro). Lui, salito al trono per diritto ereditario, realizza la sua vendetta, della quale la parte più macabra si compie proprio in questo convento, quando, dissepolto il corpo dell’amata (qualche anno dopo la morte…) obbliga la corte reale a renderle omaggio, come regina…
La storia è arricchita da altri particolari truculenti, come i cuori degli assassini mangiati dal principe e le torture a cui gli stessi furono sottoposti…
Per desiderio del principe, si dice, le due tombe sono poste una di fronte all’altra, in modo che alla resurrezione dei corpi i loro sguardi siano i primi ad incontrarsi: una nota di poesia un po’ stridente con il resto della storia, ma erano altri tempi, un po’ difficili da capire per noi del XXI secolo. L’unico legame rimasto con gli innamorati moderni è quello tramandato dalla tradizione, seguendo la quale molte coppie vengono a giurarsi amore eterno su queste tombe, lasciando un fiore fra le mani della sfortunata amante.
Altre tombe di antichi re portoghesi condividono con queste due gli spazi attigui al transetto, a dimostrazione dell’importanza che questo monastero rivestiva in epoca medioevale. Un’importanza resa ancora più evidente, visitando i locali dell’abbazia, dalle dimensioni dei refettori e delle sale comuni dei monaci o, più prosaicamente, dalle “sproporzioni” della cucina, con un enorme camino e un piccolo canale d’acqua corrente destinato alla fornitura di pesce fresco direttamente dal fiume. D’altra parte le guide raccontano che alla sua massima espansione raccoglieva, il monastero, quasi 1000 monaci, avranno pur dovuto mangiare. Qualcuno però mangiava troppo, tanto che nel refettorio esiste tuttora un’apertura d’accesso che si dice servisse a “filtrare” l’ingresso dei monaci troppo grassi: chi non passava dalla porta doveva mettersi a dieta….Noi proviamo le nostre dimensioni e tutto sommato ci dichiariamo idonei al pasto, ma è ancora presto per pensare al cibo. Il resto dei locali aperti al pubblico meriterebbe forse più tempo, ma non ne abbiamo, quindi concludiamo rapidamente il nostro giro, saliamo in vettura e ci dirigiamo verso la seconda tappa, il monastero di Batalha.
Riprendiamo la N8 in direzione nord-est e dopo pochi chilometri attraversiamo l’abitato di Aljubarrota, accolti all’ingresso dalla statua di un cavaliere medioevale non meglio identificato. Questo paesino anonimo è universalmente conosciuto in tutto il Portogallo per la omonima battaglia che, secondo gli storici, diede inizio il 14 agosto del 1385 alla nazione portoghese, grazie alla vittoria del re Giovanni I di Portogallo sull’esercito del re Giovanni I di Castiglia che voleva unificare le due corone (ovviamente sulla sua sola testa…). Curioso come all’inizio di ogni storia patria si tenda a porre qualche reciproco scannamento con la patria attigua, nel quale generalmente lasciano la pelle svariati figli di entrambe le patrie, più matrigne che madri, in questi casi….
Se il fine sta nei mezzi come la pianta nel seme (vecchio detto ghandiano..) può venire qualcosa di buono da questi inizi? Bisognerebbe chiederlo ai milioni che nei secoli sono morti in nome della patria e nell’interesse di chi la patria comandava, fosse re o imperatore o presidente o dittatore….
Curioso anche come il re vincitore di allora abbia deciso di costruire il monastero di Batalha intitolandolo a Santa Maria della Vittoria, per ringraziare la Madonna del sostegno fornito alle sue truppe: i castigliani, altrettanto fedeli e cattolici, ne avranno probabilmente bestemmiato il nome, visto l’esito dello scontro…D’altra parte questa del “Dio con noi” è una storia vecchia, vecchia come il vecchio testamento….peccato nessuno si fosse ancora accorto, 1385 anni dopo, che ne era cominciato uno nuovo, per non parlare dei secoli seguenti…
Proseguendo sulla N8 ci immettiamo sulla N1 e attraversiamo l’abitato di Sao Jorge, dove la battaglia si è svolta. Si narra che il monastero sia stato costruito dove si conficcò la lancia scagliata dal vincitore sul campo di battaglia: se è così detiene ancora il record di lancio del giavellotto, perché da qui al monastero saranno almeno due chilometri….In auto li percorriamo in fretta ed entriamo nella cittadina sorta intorno al monumento. Ha l’aria moderna e turistica, un po’ in contrasto con l’edificio imponente che ne motiva l’esistenza. Il monastero di pietra color ocra occupa una vasta area a fianco della strada principale. Parcheggiamo ed entriamo subito nel chiostro di Giovanni I, trionfo di decorazioni “manueline” (così dice la guida…) innestate sull’architettura gotica. Da qui si accede a varie sale, fra le quali spicca la sala capitolare famosa per “l’arditezza delle sue linee”, talmente ardite che per costruirla furono impiegati dei condannati a morte….La storia racconta che “dopo due fallimenti” (dalle conseguenze facilmente ipotizzabili….) la costruzione venne terminata e l’architetto decise di passare la notte sotto le volte per dimostrarne la assoluta affidabilità; dall’aldilà le vittime dei fallimenti precedenti avranno implorato un terremoto, inascoltati….Oggi sotto le volte “ardite” passa le notti il milite ignoto; potevano scegliere collocazione migliore? Certo le gerarchie militari l’avranno fatto per la retorica della patria, battaglia vinta ecc. ecc.. A me piace pensare che sia il luogo giusto per ricordare i tanti poveri militi ignoti: tutti i giorni e le notti sotto una volta gotica costruita per scommessa, sperando che regga, confermando l’essenza della condizione militare (ben lontana da fanfare e stendardi) così ben riassunta dal poeta con “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie…”. Chissà se i due soldatini sull’attenti a fianco del mausoleo si pongono il problema, certo più pressante per loro che per le povere ossa tumulate: dopo sei secoli di solidità ne dubito, e d’altra parte l’assuefazione al rischio è un altro aspetto della condizione militare….
Da queste sale passiamo alle “cappelle interrotte”, una parte dell’edificio mai portata a termine e che da questa incompletezza deriva un fascino ulteriore.
Qui le decorazioni del gotico manuelino raggiungono l’apice, non lasciando nessun centimetro di superficie libero da lavorazioni di vario genere. Sarà per quello che non le hanno mai finite….troppa cura dei particolari! Vuoi mettere ai nostri giorni? Quattro piloni e due gettate e ti costruisco tutto quello che vuoi….sempre che non cambi la giunta o arrestino l’impresario per mazzette agli amministratori….ma queste sono opere incompiute per altri motivi…
L’interno della chiesa contiene il pantheon del fondatore, primo re del Portogallo grazie alla battaglia vinta, e della sua sposa inglese: sulle loro tombe sono incisi i relativi motti, “per il meglio” quello del re e “mi piace” per la regina. Cosa avrà voluto dire?
Un ultimo sguardo d’insieme a questo pezzo di storia portoghese dal piazzale antistante il portale d’ingresso, poi risaliamo in macchina per percorrere i 20 chilometri che ci separano da Fatima, lungo la panoramica strada che risale le colline.
Inutile nascondere che il nostro avvicinarci a Fatima è pervaso da scetticismo. La guida non ci aiuta a ricrederci, riportando sommariamente ciò che ha reso famoso questo luogo: l’apparizione della Madonna e i tre segreti da lei pronunciati.
Io non ne conoscevo nessuno, ma quel che leggo aumenta le mie perplessità….
Il primo segreto sembra descriva una visione dell’inferno apparsa ai tre pastorelli (“..La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee…”), mentre il secondo sottolinea il ruolo della rivoluzione comunista di Russia nei futuri mali del mondo. Si era nel luglio del 1917 quando Maria pronunciava questa profezia alle orecchie di Lucia, si era nel 1941 quando Lucia le metteva su carta, scrivendo che “(la Russia) spargerà i suoi errori per il mondo, promovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte”. Al terzo segreto di Fatima, poi, la tradizione popolare ha sempre assegnato ruoli “millenaristici”, da fine del mondo, fino a quando Papa Giovanni Paolo II ha pensato di leggervi prevalentemente una profezia del suo passaggio terreno, attentato fallito in primo luogo…
Faccio fatica, avvicinandomi all’altipiano dell’apparizione, a comprendere perché Maria abbia dovuto preoccuparsi particolarmente degli atei comunisti russi piuttosto che dei contemporanei nazi-fascisti cattolici o protestanti, che in quanto a sofferenze per il mondo si accingevano a spargerne altrettante..
Come pure faccio fatica a pensare che la Madonna, ora che gli atei comunisti russi sono andati tutti in quell’inferno profetizzato, possa particolarmente gioire di quello che sta diventando l’amata russia, figlia prediletta della chiesa: crescente disuguaglianza sociale, con un nazionalismo imperante che non promette niente di buono e in pieno lancio nel grande supermercato del capitalismo globalizzato….che di evangelico mi sembra abbia pochino…
Tornato a casa andrò a cercare le possibili spiegazioni, trovando chiavi di lettura meno “sensazionalistiche” proprio negli scritti ufficiali di quella chiesa che il “mito” di Fatima e dei suoi segreti ha lasciato crescere, forse colpevolmente alla luce dei recenti giudizi, per quasi un secolo.
Per chi volesse, confronti qui
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20000626_message-fatima_it.html l’interpretazione ufficiale: è di qualche anno fa, reca la firma di un certo cardinale Ratzinger, l’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede…..
L’ingresso in città evidenzia la centralità del luogo per i fedeli portoghesi e non solo: il numero di auto e bus parcheggiati ovunque ci induce in qualche timore riguardo la possibilità della visita, ma alla fine troviamo un parcheggio….per miracolo (scusate, non ho resistito alla tentazione della battuta idiota….) di fronte alla basilica. Scatto una foto dal piazzale d’ingresso, che resterà l’unica di questo luogo, combattuto come sono fra l’essere turista o pellegrino…
Per oggi mi porterò in giro per Fatima la croce dei miei dubbi, cercando inutilmente di sentire il cuore immacolato di Maria parlare al mio cuore indurito. Il ricordo principale che porterò da questo luogo sarà l’odore della cera fusa: si comincia a sentire appena affacciati sull’immenso piazzale che precede il sagrato del santuario, proveniente dalla cappella dell’apparizione, un luogo coperto ma aperto sui lati, vicino al quale un’enorme fornace inghiotte continuamente candele di tutte le forme, dimensioni (e prezzi) gettate dai fedeli penitenti. Che voglia essere un “memento” del primo segreto di Fatima? Un’anticipazione ammonitrice delle fiamme eterne che attendono noi poveri peccatori? La spiegazione ufficiale è di tipo logistico: non esiste spazio sufficiente per far bruciare lentamente tutte queste candele, quindi si adotta una soluzione rapida. Se c’è la fede il risultato non cambia. E di certo in qualcuno la fede è evidente. Molte giovani donne percorrono in ginocchio il perimetro della cappella fino alla statua della madonna, sostenute spesso da quelli che credo siano i mariti, o dei parenti. È davvero terra “buona per camminarci sui ginocchi e per pregare…” come dice la canzone, ma non farò nessuna delle due cose, forse per non sporcare con le mie formule dubbiose la sincerità di quanti espongono qui la propria sofferenza senza ciniche considerazioni, in questo periplo doloroso…
Infondo è l’umanità di questo dolore a rendere sacro questo luogo, al di la di tutti i misteri taciuti o rivelati, delle verità svelate o manipolate, delle “coincidenze” temporali o delle visioni profetiche…Nella corona della madonna che guarda tutti noi poveri cristi su questo piazzale è incastonata la pallottola che quasi uccise il papa in piazza S.Pietro: dovrei credere che è quello il motivo della sua lontana apparizione? Preferisco pensare che quel proiettile sia solo il simbolo di uno dei tanti dolori che hanno preceduto, accompagnato e seguito le tante apparizioni di Maria nel tempo, e ancora oggi, annunciate. Perché non trova fine il dolore degli uomini, il loro impegno a procurarne, il loro desiderio di lenirlo….
Dentro la chiesa, priva di interesse artistico, una lunga fila si snoda lungo le navate per la visita alle tombe dei tre pastorelli, in una cappella laterale rispetto all’altare: lasciamo i fedeli alla loro devozione e ritorniamo sul sagrato. Antonio deve procurarsi alcune candele su commissione per parenti ed amici e non c’è che l’imbarazzo della scelta per dimensioni e prezzi: solo non capisco, in questo caso, la relazione fra costo e beneficio che può indurre qualcuno a scegliere il cero da un metro piuttosto che una semplice candelina, ….ma avranno certamente un motivo….
Ritorniamo verso il parcheggio sotto il sole del primo pomeriggio, fermandoci per una visita alla nuova chiesa moderna che fronteggia la vecchia basilica: la chiesa della Santissima Trinità, a pianta circolare di 125 metri di diametro, 9000 posti a sedere, la quarta più grande chiesa del mondo….
È stata inaugurata da circa un anno, destando anche qualche perplessità fra i credenti circa l’opportunità della sua edificazione, motivata ufficialmente dal numero di pellegrini che annualmente visitano il luogo: dai 4 ai 5 milioni….! Dentro è in corso una celebrazione, che volge al termine, come la nostra visita. Torniamo alla macchina per rifocillarci, ragionando fra noi su quanto visto. Siamo arrivati come turisti, non ripartiamo da pellegrini. Non ci è stata fatta grazia, non l’abbiamo chiesta…
Il programma della giornata prevede il pomeriggio al mare, e abbiamo scelto Nazarè, perchè rinomata sulle guide e suggeritaci da Ugo e Lory. Ripercorriamo a ritroso la strada fino a Batalha e poi puntiamo verso la costa lungo la N356 e poi la N242.
È una domenica di sole di fine agosto, facile prevedere che al mare ci sia qualcuno…..In realtà c’è più che qualcuno, e il paese non pare attrezzato per accogliere tutti i pendolari automuniti. Comunque dopo un giro alla vana ricerca del parcheggio decidiamo di organizzarci: le “girls” in spiaggia a riposarsi al sole, i “boys” a cercare un buco per l’auto e a passeggiare sul promontorio che domina il paese, fino al faro alla sua estrema punta (ad Antonio piacciono i fari….). Tutto sommato non dobbiamo neanche girare troppo, parcheggiamo vicino alla scalinata che sale fino a “ o sitio”, il vecchio paese costruito sopra un’alta scogliera a picco sul mare e la spiaggia sottostante (c’è anche la funicolare, ma non siamo stanchi abbastanza…). Si racconta che il paese sia sorto attorno ad una cappella votiva edificata “per grazia ricevuta” da un cavaliere portoghese, miracolato dalla Madonna (…ancora lei….ma molti secoli prima di Fatima…) apparsa ad arrestare il suo cavallo lanciato al galoppo verso il precipizio, durante una caccia al cervo in una giornata di nebbia.
Mi sembra più un’immagine padana (il bosco con la nebbia e i cervi….) che marittima, ma ho appena finito questa riflessione quando dall’oceano avanza una fuliggine sempre più fitta che a tratti vela il sole e la spiaggia sottostante: non è poi un evento così improbabile, se c’è nebbia anche in agosto. Prima ancora che comparisse la Madonna, il luogo era stato scelto da un eremita proveniente dalla terra santa per trascorrervi l’esistenza glorificando Dio, perché, come dicevo all’inizio, ci sono luoghi dove Lui si è costruito cattedrali prima ancora di creare l’uomo per popolarle.
Il promontorio si affaccia sul mare con una serie di balconate naturali che, poi, viste da sotto, non danno una grande idea di solidità….però sono lì da parecchio, quindi fidiamoci. La stretta collina si inoltra verso il mare, terminando nel classico faro. Dalle rocce sommitali molti pescatori lanciano lenze nel vuoto, cinquanta metri più in basso: considerata la densità di barchette e pedalò in transito è un miracolo che non prendano all’amo qualche turista. Dal faro la vista spazia lungo tutta la costa: verso nord una lunga e profonda spiaggia deserta, battuta dalle onde e dal vento proveniente dall’oceano, a tratti nascosta dalla nebbia, verso sud invece la classica località balneare, formicaio di bagnanti, protetti dalle onde grazie a questa difesa naturale costituita dal promontorio. Nella folla sottostante dovrebbero esserci anche le nostre due mogliettine…quindi decidiamo di raggiungerle, tornando sui nostri passi. Traversiamo a piedi il paese retrostante la spiaggia, che pur essendo più recente del borgo originale sul colle, non è la classica località di mare tipo alberghi e villette, ma piuttosto un paese di pescatori convertito al turismo, gradevole per passeggiare. Cerchiamo invano di rintracciare le signore sulla spiaggia, finchè Antonio si offre di andare a recuperare la macchina, dato l’approssimarsi dell’ora fissata per il ricongiungimento nella piazzetta del paese (in rigorosa sosta vietata…). Mentre sostiamo intralciando il traffico dell’ininterrotta fila di automobili che percorrono il senso obbligato in cerca di un parcheggio, ci avvicina un italiano che però, ci spiega, vive in Belgio, con residenza estiva in Portogallo….un soggetto un po’ strano, anzianotto, nel dubbio Antonio recupera il marsupio lasciato in macchina…..
Domanda il motivo della nostra sosta: “vi siete persi?”, chiede, forse a causa del nostro sguardo indugiante intorno, in attesa delle due ritardatarie. Gli spieghiamo che aspettiamo le nostre signore e lui subito ci tiene a rassicurarci, ammiccando sul fatto che i portoghesi “sono innocui…”: è decisamente italiano, solo noi italiani tendiamo a sminuire subito le qualità sessuali degli altri popoli, soprattutto quando abbiamo passato l’età per competere….
Scambiamo qualche parola sulla patria lontana, sparliamo un po’ di Silvio, lui sembra concordare, forse solo per cortesia. “Da noi le cose non vanno bene”, “…qui è anche peggio” dice lui, e ci racconta di stipendi medi sui 500 euro, con forte disoccupazione ecc. ecc.
Non ci conforta sapere che in Europa c’è chi sta peggio di noi, e d’altra parte nel mondo c’è chi sta peggio dei portoghesi…e sono molti di più!
Alla fine arriva un vigile ad interrompere la nostra analisi socio-economica, invitandoci cortesemente (nel limite del possibile ….per un portoghese) ad andarcene. Mentre Antonio si fa un altro giro arrivano le due sorridenti fanciulle, dall’aria rilassata: viste così si potrebbe anche pensare che abbiano smentito il parere dell’italo-belga-portoghese circa le doti dei lusitani….ma ci assicurano che hanno passato tutto il tempo in spiaggia ad aspettarci invano. Non ci eravamo capiti, è il dramma della condizione umana, di quella coniugale in particolare.
Ritorniamo verso la nostra ultima sera ad Alcobaca, dando nuovamente fiducia all’oste dei “dos corazones” e alle sue porzioni generose. Tina vorrebbe concludere la nostra permanenza in questa terra di monaci e monasteri gustando un qualche superalcolico locale, che deve senz’altro esistere ed avere origine nelle cantine medievali di qualche gaudente priore….ma alla fine ci limitiamo a passeggiare per le vie intorno alla piazza, tirando tardi lo stretto necessario per poter dire che “ è ora di andare a dormire….”: le fatiche della giornata aiutano ad anticipare i tempi.
L’interno della chiesa contiene il pantheon del fondatore, primo re del Portogallo grazie alla battaglia vinta, e della sua sposa inglese: sulle loro tombe sono incisi i relativi motti, “per il meglio” quello del re e “mi piace” per la regina. Cosa avrà voluto dire?
Un ultimo sguardo d’insieme a questo pezzo di storia portoghese dal piazzale antistante il portale d’ingresso, poi risaliamo in macchina per percorrere i 20 chilometri che ci separano da Fatima, lungo la panoramica strada che risale le colline.
Inutile nascondere che il nostro avvicinarci a Fatima è pervaso da scetticismo. La guida non ci aiuta a ricrederci, riportando sommariamente ciò che ha reso famoso questo luogo: l’apparizione della Madonna e i tre segreti da lei pronunciati.
Io non ne conoscevo nessuno, ma quel che leggo aumenta le mie perplessità….
Il primo segreto sembra descriva una visione dell’inferno apparsa ai tre pastorelli (“..La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee…”), mentre il secondo sottolinea il ruolo della rivoluzione comunista di Russia nei futuri mali del mondo. Si era nel luglio del 1917 quando Maria pronunciava questa profezia alle orecchie di Lucia, si era nel 1941 quando Lucia le metteva su carta, scrivendo che “(la Russia) spargerà i suoi errori per il mondo, promovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte”. Al terzo segreto di Fatima, poi, la tradizione popolare ha sempre assegnato ruoli “millenaristici”, da fine del mondo, fino a quando Papa Giovanni Paolo II ha pensato di leggervi prevalentemente una profezia del suo passaggio terreno, attentato fallito in primo luogo…
Faccio fatica, avvicinandomi all’altipiano dell’apparizione, a comprendere perché Maria abbia dovuto preoccuparsi particolarmente degli atei comunisti russi piuttosto che dei contemporanei nazi-fascisti cattolici o protestanti, che in quanto a sofferenze per il mondo si accingevano a spargerne altrettante..
Come pure faccio fatica a pensare che la Madonna, ora che gli atei comunisti russi sono andati tutti in quell’inferno profetizzato, possa particolarmente gioire di quello che sta diventando l’amata russia, figlia prediletta della chiesa: crescente disuguaglianza sociale, con un nazionalismo imperante che non promette niente di buono e in pieno lancio nel grande supermercato del capitalismo globalizzato….che di evangelico mi sembra abbia pochino…
Tornato a casa andrò a cercare le possibili spiegazioni, trovando chiavi di lettura meno “sensazionalistiche” proprio negli scritti ufficiali di quella chiesa che il “mito” di Fatima e dei suoi segreti ha lasciato crescere, forse colpevolmente alla luce dei recenti giudizi, per quasi un secolo.
Per chi volesse, confronti qui
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20000626_message-fatima_it.html l’interpretazione ufficiale: è di qualche anno fa, reca la firma di un certo cardinale Ratzinger, l’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede…..
L’ingresso in città evidenzia la centralità del luogo per i fedeli portoghesi e non solo: il numero di auto e bus parcheggiati ovunque ci induce in qualche timore riguardo la possibilità della visita, ma alla fine troviamo un parcheggio….per miracolo (scusate, non ho resistito alla tentazione della battuta idiota….) di fronte alla basilica. Scatto una foto dal piazzale d’ingresso, che resterà l’unica di questo luogo, combattuto come sono fra l’essere turista o pellegrino…
Per oggi mi porterò in giro per Fatima la croce dei miei dubbi, cercando inutilmente di sentire il cuore immacolato di Maria parlare al mio cuore indurito. Il ricordo principale che porterò da questo luogo sarà l’odore della cera fusa: si comincia a sentire appena affacciati sull’immenso piazzale che precede il sagrato del santuario, proveniente dalla cappella dell’apparizione, un luogo coperto ma aperto sui lati, vicino al quale un’enorme fornace inghiotte continuamente candele di tutte le forme, dimensioni (e prezzi) gettate dai fedeli penitenti. Che voglia essere un “memento” del primo segreto di Fatima? Un’anticipazione ammonitrice delle fiamme eterne che attendono noi poveri peccatori? La spiegazione ufficiale è di tipo logistico: non esiste spazio sufficiente per far bruciare lentamente tutte queste candele, quindi si adotta una soluzione rapida. Se c’è la fede il risultato non cambia. E di certo in qualcuno la fede è evidente. Molte giovani donne percorrono in ginocchio il perimetro della cappella fino alla statua della madonna, sostenute spesso da quelli che credo siano i mariti, o dei parenti. È davvero terra “buona per camminarci sui ginocchi e per pregare…” come dice la canzone, ma non farò nessuna delle due cose, forse per non sporcare con le mie formule dubbiose la sincerità di quanti espongono qui la propria sofferenza senza ciniche considerazioni, in questo periplo doloroso…
Infondo è l’umanità di questo dolore a rendere sacro questo luogo, al di la di tutti i misteri taciuti o rivelati, delle verità svelate o manipolate, delle “coincidenze” temporali o delle visioni profetiche…Nella corona della madonna che guarda tutti noi poveri cristi su questo piazzale è incastonata la pallottola che quasi uccise il papa in piazza S.Pietro: dovrei credere che è quello il motivo della sua lontana apparizione? Preferisco pensare che quel proiettile sia solo il simbolo di uno dei tanti dolori che hanno preceduto, accompagnato e seguito le tante apparizioni di Maria nel tempo, e ancora oggi, annunciate. Perché non trova fine il dolore degli uomini, il loro impegno a procurarne, il loro desiderio di lenirlo….
Dentro la chiesa, priva di interesse artistico, una lunga fila si snoda lungo le navate per la visita alle tombe dei tre pastorelli, in una cappella laterale rispetto all’altare: lasciamo i fedeli alla loro devozione e ritorniamo sul sagrato. Antonio deve procurarsi alcune candele su commissione per parenti ed amici e non c’è che l’imbarazzo della scelta per dimensioni e prezzi: solo non capisco, in questo caso, la relazione fra costo e beneficio che può indurre qualcuno a scegliere il cero da un metro piuttosto che una semplice candelina, ….ma avranno certamente un motivo….
Ritorniamo verso il parcheggio sotto il sole del primo pomeriggio, fermandoci per una visita alla nuova chiesa moderna che fronteggia la vecchia basilica: la chiesa della Santissima Trinità, a pianta circolare di 125 metri di diametro, 9000 posti a sedere, la quarta più grande chiesa del mondo….
È stata inaugurata da circa un anno, destando anche qualche perplessità fra i credenti circa l’opportunità della sua edificazione, motivata ufficialmente dal numero di pellegrini che annualmente visitano il luogo: dai 4 ai 5 milioni….! Dentro è in corso una celebrazione, che volge al termine, come la nostra visita. Torniamo alla macchina per rifocillarci, ragionando fra noi su quanto visto. Siamo arrivati come turisti, non ripartiamo da pellegrini. Non ci è stata fatta grazia, non l’abbiamo chiesta…
Il programma della giornata prevede il pomeriggio al mare, e abbiamo scelto Nazarè, perchè rinomata sulle guide e suggeritaci da Ugo e Lory. Ripercorriamo a ritroso la strada fino a Batalha e poi puntiamo verso la costa lungo la N356 e poi la N242.
È una domenica di sole di fine agosto, facile prevedere che al mare ci sia qualcuno…..In realtà c’è più che qualcuno, e il paese non pare attrezzato per accogliere tutti i pendolari automuniti. Comunque dopo un giro alla vana ricerca del parcheggio decidiamo di organizzarci: le “girls” in spiaggia a riposarsi al sole, i “boys” a cercare un buco per l’auto e a passeggiare sul promontorio che domina il paese, fino al faro alla sua estrema punta (ad Antonio piacciono i fari….). Tutto sommato non dobbiamo neanche girare troppo, parcheggiamo vicino alla scalinata che sale fino a “ o sitio”, il vecchio paese costruito sopra un’alta scogliera a picco sul mare e la spiaggia sottostante (c’è anche la funicolare, ma non siamo stanchi abbastanza…). Si racconta che il paese sia sorto attorno ad una cappella votiva edificata “per grazia ricevuta” da un cavaliere portoghese, miracolato dalla Madonna (…ancora lei….ma molti secoli prima di Fatima…) apparsa ad arrestare il suo cavallo lanciato al galoppo verso il precipizio, durante una caccia al cervo in una giornata di nebbia.
Mi sembra più un’immagine padana (il bosco con la nebbia e i cervi….) che marittima, ma ho appena finito questa riflessione quando dall’oceano avanza una fuliggine sempre più fitta che a tratti vela il sole e la spiaggia sottostante: non è poi un evento così improbabile, se c’è nebbia anche in agosto. Prima ancora che comparisse la Madonna, il luogo era stato scelto da un eremita proveniente dalla terra santa per trascorrervi l’esistenza glorificando Dio, perché, come dicevo all’inizio, ci sono luoghi dove Lui si è costruito cattedrali prima ancora di creare l’uomo per popolarle.
Il promontorio si affaccia sul mare con una serie di balconate naturali che, poi, viste da sotto, non danno una grande idea di solidità….però sono lì da parecchio, quindi fidiamoci. La stretta collina si inoltra verso il mare, terminando nel classico faro. Dalle rocce sommitali molti pescatori lanciano lenze nel vuoto, cinquanta metri più in basso: considerata la densità di barchette e pedalò in transito è un miracolo che non prendano all’amo qualche turista. Dal faro la vista spazia lungo tutta la costa: verso nord una lunga e profonda spiaggia deserta, battuta dalle onde e dal vento proveniente dall’oceano, a tratti nascosta dalla nebbia, verso sud invece la classica località balneare, formicaio di bagnanti, protetti dalle onde grazie a questa difesa naturale costituita dal promontorio. Nella folla sottostante dovrebbero esserci anche le nostre due mogliettine…quindi decidiamo di raggiungerle, tornando sui nostri passi. Traversiamo a piedi il paese retrostante la spiaggia, che pur essendo più recente del borgo originale sul colle, non è la classica località di mare tipo alberghi e villette, ma piuttosto un paese di pescatori convertito al turismo, gradevole per passeggiare. Cerchiamo invano di rintracciare le signore sulla spiaggia, finchè Antonio si offre di andare a recuperare la macchina, dato l’approssimarsi dell’ora fissata per il ricongiungimento nella piazzetta del paese (in rigorosa sosta vietata…). Mentre sostiamo intralciando il traffico dell’ininterrotta fila di automobili che percorrono il senso obbligato in cerca di un parcheggio, ci avvicina un italiano che però, ci spiega, vive in Belgio, con residenza estiva in Portogallo….un soggetto un po’ strano, anzianotto, nel dubbio Antonio recupera il marsupio lasciato in macchina…..
Domanda il motivo della nostra sosta: “vi siete persi?”, chiede, forse a causa del nostro sguardo indugiante intorno, in attesa delle due ritardatarie. Gli spieghiamo che aspettiamo le nostre signore e lui subito ci tiene a rassicurarci, ammiccando sul fatto che i portoghesi “sono innocui…”: è decisamente italiano, solo noi italiani tendiamo a sminuire subito le qualità sessuali degli altri popoli, soprattutto quando abbiamo passato l’età per competere….
Scambiamo qualche parola sulla patria lontana, sparliamo un po’ di Silvio, lui sembra concordare, forse solo per cortesia. “Da noi le cose non vanno bene”, “…qui è anche peggio” dice lui, e ci racconta di stipendi medi sui 500 euro, con forte disoccupazione ecc. ecc.
Non ci conforta sapere che in Europa c’è chi sta peggio di noi, e d’altra parte nel mondo c’è chi sta peggio dei portoghesi…e sono molti di più!
Alla fine arriva un vigile ad interrompere la nostra analisi socio-economica, invitandoci cortesemente (nel limite del possibile ….per un portoghese) ad andarcene. Mentre Antonio si fa un altro giro arrivano le due sorridenti fanciulle, dall’aria rilassata: viste così si potrebbe anche pensare che abbiano smentito il parere dell’italo-belga-portoghese circa le doti dei lusitani….ma ci assicurano che hanno passato tutto il tempo in spiaggia ad aspettarci invano. Non ci eravamo capiti, è il dramma della condizione umana, di quella coniugale in particolare.
Ritorniamo verso la nostra ultima sera ad Alcobaca, dando nuovamente fiducia all’oste dei “dos corazones” e alle sue porzioni generose. Tina vorrebbe concludere la nostra permanenza in questa terra di monaci e monasteri gustando un qualche superalcolico locale, che deve senz’altro esistere ed avere origine nelle cantine medievali di qualche gaudente priore….ma alla fine ci limitiamo a passeggiare per le vie intorno alla piazza, tirando tardi lo stretto necessario per poter dire che “ è ora di andare a dormire….”: le fatiche della giornata aiutano ad anticipare i tempi.
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