30 agosto: "sempre arriviamo nel luogo in cui siamo attesi"

Scrivo di questo giorno quand’è trascorso più di un anno …ed i ricordi si fanno confusi, forzatamente. La natura stessa di quest’ultimo tragitto, lunga traversata terrestre verso casa, lo rende difficile da fissare nella memoria. Si susseguono immagini disordinate, fotogrammi della memoria che fatico a ricollocare nel giusto ordine spazio-temporale. Le mura poderose di Carcassonne che scorrono alla nostra sinistra, transitando sulla “autoroute des deux mers”, ….Narbonne con la sua cattedrale che spunta dai tetti lontani,…. l’ingorgo autostradale all’incrocio con la A9 proveniente dalla Spagna: l’Europa Unita che si realizza sotto il sole di questa mattina, sull’asfalto fra Narbonne e Beziers dove scorrono al rallentatore fianco a fianco i cittadini francesi, spagnoli, italiani, inglesi, svedesi, ungheresi, polacchi….tutti accomunati nel rito conclusivo della vacanza estiva, l’ingorgo del rientro! Purtroppo il nostro scarso cosmopolitismo rende indecifrabili i messaggi radio di avviso, e quando pensiamo di essere ormai alla fine del “bouchon” capiamo di aver valutato le indicazioni al contrario…l’ingorgo comincia adesso! Fortunatamente, mentre per l’ennesima volta stiamo pianificando una via di fuga attraverso gli stagni della Camargue, il traffico torna scorrevole, ci mettiamo l’anima in pace e via.
E poi la Provenza, di nuovo, a pochi mesi di distanza: questa primavera io e Marina cercavamo la lavanda non ancora sbocciata, adesso sappiamo inutile ogni ricerca, con i fiori già raccolti da tempo, nell’estate che sta per finire…Passiamo Nimes, Arles, Aix en provence. Prima di Cannes ci fermiamo in una stazione di servizio per mangiare qualcosa al volo. Io e Tina recuperiamo i nostri preziosi formaggi di capra e verifichiamo se le lodi della produttrice erano fondate: la precarietà della condizione, fra rumori di motori e piombo degli scarichi, non consente una degustazione appropriata, ma nel complesso soddisfiamo l’appetito, sotto lo sguardo (e l’olfatto) un po’ perplesso di Marina. E pensare che qui vicino c’è Grasse, la capitale dei profumi…e invece le tocca stare immersa fra ‘sta puzza di “fromages de chevre” e l’odore di benzina…
Riprendiamo l’asfalto, ancora più di 500 chilometri…mi sa che il nostro treno “non fa più fermate, neanche per pisciare”, come quello di DeGregori. Ancora poco ed ecco l’Italia, ricompare fra una galleria e l’altra, il cartello ci avvisa ed è già andato, il paesaggio è sempre lo stesso di prima: bello, per quel poco che riusciamo a vedere da qui, con paesi e città che si susseguono lungo la costa ligure, ora vicina, ora più lontana. Il resto è pianura padana all’imbrunire: fosse autunno risulterebbe appropriato canticchiare la prima strofa di “la fisarmonica di Stradella”, del mitico Paolo Conte, “…cos’è la pianura padana dalle sei in avanti…una nebbia che sembra di essere dentro un bicchiere….ecc.. ecc..”. Per fortuna è solo la fine d’agosto, ma il crepuscolo e lo smog fanno un preludio d’autunno che da un po’ malinconia.
Eppure è qui che dobbiamo arrivare, perché come scrive Saramago nell’epigrafe al suo ultimo romanzo: “sempre arriviamo nel luogo in cui siamo attesi”….anche se mi pare che il senso della frase sia perlomeno duplice... Certo è bello pensare che alla fine di questo viaggio ci sia qualcuno a reclamarci, che le nostre radici chiedano di sprofondare ancora in una terra conosciuta, che la forza delle relazioni, degli affetti, sia come un faro che guida nella notte verso il porto sicuro. Ma un po’ mi sembra di coglierci anche il riferimento all’eterna storia di Samarcanda, tanto cara alla cultura orientale e, per noi (allora) giovani moderni occidentali, resa famosa da Vecchioni con la sua ballata. “Sempre arriviamo nel luogo in cui siamo attesi”, e tutti abbiamo la nostra Samarcanda da raggiungere, per non mancare l’appuntamento…
Ma per non lasciare che prevalga questa sensazione di “fine estate” che pure ci accompagna al termine del viaggio, quando l’orizzonte si solleva a disegnare profili conosciuti in fondo alla pianura, con l’avvicinarsi delle luci un po’ squallide ma famigliari della nostra (per gli altri anonima) periferia; per non lasciare che vada perduta quella poca spiritualità raccolta, ed è solo ieri, nei luoghi della fede dove abbiamo “pellegrinato”; per non lasciare che la nostra fretta di arrivare a Samarcanda cancelli il ricordo di tutti quei momenti in cui, anche in questo viaggio ma non solo, siamo stati vivi, felici e insieme….per tutto questo ho scritto. Ognuno avverte il bisogno, specialmente con l’età, di tracciare una mappa del proprio cammino, di lasciare come Pollicino dei sassolini lungo la strada, nella speranza di poter tornare indietro, sui passi conosciuti. Non è così, indietro non si torna. Possiamo solo coltivare oggi le relazioni, i legami, le amicizie e l’amore che ci rendano meritevoli d’essere attesi, e a nostra volta “attendere” (nel senso di “tendere verso” che sta nell’etimologia latina….), sperando magari che il luogo ultimo di questa attesa possa essere “oltre” Samarcanda….
Ah, a proposito di arrivi (in)attesi: due giorni dopo il ritorno, dai nostri souvenir caseari delle caprette di Heidi hanno fatto capolino dei timidi vermicelli francesi, a conferma che il principio di Saramago si applica essenzialmente al genere umano…. A meno che il destino di questi cagnotti d’oltralpe non fosse quello di finire così, in una pattumiera a mille chilometri di distanza dal luogo di origine…, ma se comincio a dissertare sul destino ultimo dei vermi…è davvero ora di finire!

Nessun commento: