Oggi davvero comincia il ritorno, o forse no. Partire e tornare sono concetti ambigui, legati all’origine e alla destinazione del percorso. Ulisse partì da Troia per tornare ad Itaca, ma a che punto del viaggio si può dire stesse davvero tornando? Siamo partiti da Brescia per tornarci…quindi stiamo tornando dall’istante dopo che il nostro aereo è decollato, anzi no, da quando abbiamo chiuso la porta di casa dietro le nostre spalle….
Cacchio di riflessioni, direte voi, da fare mentre si è in vacanza. Ma cosa deve fare un pover’uomo seduto in una scatola di lamiera in movimento per le successive 8-10 ore?
Va bene, diciamo che stiamo tornando, se non altro per una questione di punti cardinali: si va dall’ovest all’est, verso la terra natale. Però la destinazione di oggi è Pau in Francia, oltre i Pirenei, luogo mai visto, al quale quindi non possiamo dire di tornare. Allora siamo partiti da Santiago per andare a Pau, e non stiamo tornando….Insomma non se ne esce, meglio concentrarci sull’essenza della giornata, così ben definita da De Andrè nella sua canzone dedicata ai gitani: “per la stessa ragione del viaggio, viaggiare...”. Questo sarà il motto del giorno…..e chissà che non si incontri un ciclope, o la maga Circe, a rendere epici questi novecento chilometri di asfalto che ci separano dalla destinazione, verso la quale siamo partiti…mentre stiamo tornando…..ma vaffan’!
Fortunatamente non faccio queste riflessioni a voce alta, perché disturberei le signore che appena entrati in autostrada sono cadute in profonda meditazione…Sarà che la sveglia è stata precoce ( rispetto alle abitudini acquisite in queste settimane..), ma non mi pare siano disposte a conversare. Forse è questione di digestione, dopo il buffet di colazione. Pensavamo di essere i primi clienti in piedi, invece: sorpresa! Un pullman di olandesi o di qualche simile nazionalità, in procinto di partire (o tornare?) per non si sa dove. Niente stimola di più l’appetito di un pullman di olandesi anzianotti e ben pasciuti che attornia il buffet come uno sciame di cavallette: nasce lo spirito di competizione e pensi che non puoi farti certo mancare quella fetta di pane tostato che ha nel piatto la signora, con sopra…..ma che roba è? Potrebbero essere uova strapazzate con la marmellata…..riempiamo borse e zainetti di pane, salumi e formaggio e usciamo, prima che qualcuno arrivi con i crauti…
Alle otto, o giù di li, siamo già in viaggio. Ottimo albergo, speso anche poco, da tornarci…magari per fare la doccia e una bella dormita dopo 200 chilometri a piedi. Per ora siamo viandanti automuniti, diretti verso La Coruna lungo la AP9. Terra di boschi e pascoli, questa Galizia: mancano le cime innevate per sembrare alla Svizzera. In prossimità delle coste atlantiche deviamo decisamente verso est, sulla A6 in direzione Lugo-Ponferrada. L’autostrada sale gradatamente di quota, costeggiando la Sierra de Cova da Serpe: nome intrigante, che stimola la mia curiosità. La leggenda racconta di una storia d’amore e morte, fra un povero giovane contadino e la ricca figlia del castellano locale. Rifugiatisi fra questi monti per fuggire le ire del padre, finiscono nella grotta di un’enorme serpe: nella lotta lui salva lei…e muore….C’è sempre ‘sto serpente fra l’uomo e la donna che ogni tanto ricompare a spaccare i maroni….sarà pur successo qualcosa nella notte dei tempi, se ancora si tramanda… O sarà la solita rappresentazione fallica….Freud ci andrebbe a nozze, con questa leggenda: sul fatto poi che nella lotta fra l’uomo e il “serpente” sia sempre il primo a soccombere, non ci sono dubbi….
Più avanti costeggiamo Lugo e la strada sale ancora, finchè finiamo nella nebbia e ne usciamo al di sopra. Strette vallate scavalcate da ponti autostradali e pochi borghi abitati, ricorda il nostro appennino fra Parma e LaSpezia. Stiamo attraversando le terre del “cammino francese”, nel suo tratto più frequentato, il più vicino alla meta e, stando ai racconti, anche il più bello “naturalisticamente”. Qualche decina di chilometri a sud dell’autostrada c’è il monastero di Samos, di cui ci ha parlato Gianna lo scorso anno, reduce dalla sua esperienza meditativo-escursionistica. È una delle tappe più utilizzate dai pellegrini, anche se chiede una deviazione dal percorso. Ancora qualche decina di chilometri e l’autostrada si incunea fra la Sierra de Cauriel e la sierra de Ancares, transitando vicino a Piedrafita e al Cebreiro, il valico da cui si può dire inizi il cammino galiziano verso Santiago, con la sua antica chiesa, la più antica dell’intero percorso. Il paesaggio è decisamente montuoso: dev’essere un tratto abbastanza impegnativo per i viandanti….
Entriamo nella regione de El Bierzo, lasciandoci alle spalle le montagne e la Galizia e traversando la piana di Ponferrada. Qui il lato “turistico” del Cammino emerge in tutta la sua evidenza: sull’autostrada portali indicatori segnalano l’uscita per l’inizio del percorso a quanti arrivano con i mezzi. Contrasta un po’ con la dimensione “intimista” che si penserebbe di associare a questa esperienza….però i locali si saranno rotti di spiegare la strada e avranno pensato all’aspetto pratico della questione: seguite i cartelli e non rompete….
Abbiamo fatto circa 250 chilometri, ne mancano ancora un sacco….chissà cosa penseranno quelli che vanno a piedi nell’altra direzione: più avanti ne incroceremo, dalle parti di Burgos, lungo un viottolo che costeggia l’autostrada, alcune rade pianticelle a dare un poco d’ombra e la sequenza delle mesetas da attraversare verso Santiago…..
Prima però costeggiamo Leon e proseguiamo in una pianura assolata che pianura non è, dato che siamo a sette-ottocento metri di quota. Ora stiamo viaggiando sulla A-231, “autovia Camino de Santiago”, nel caso qualche pellegrino si perdesse, può sempre seguire l’autostrada…. Prima di Burgos decidiamo per una sosta, un po’ lontano dall’asfalto, su cui fin’ora non abbiamo incontrato aree apparentemente attrezzate….Usciamo a Melgar e ci fermiamo in un viottolo vicino al Rio Pisuerga: nome appropriato per il principale motivo della sosta. Comunque, già che ci siamo, si mangia: facciamo onore al buffet dell’hotel Congreso seduti in vettura, dato che non si può dire sia propriamente un’area da pic-nic quella che abbiamo scelto, ma oggi è così, poco tempo da perdere e dritti alla meta. Fin’ora non c’è capitato niente di epico, per vivacizzare la nostra odissea; e nemmeno si può dire che abbiamo realizzato “la ragione stessa del viaggio”, in questo frenetico trasferirsi da un punto all’altro del globo. Guardo là in fondo la striscia del guardrail autostradale che taglia la pianura, e le macchine passare dietro veloci: forse quel che cercano i viandanti è proprio un po’ di pace, una pausa dai ritmi della modernità, assaporando per un breve intervallo lo spirito “gitano” del viaggio fine a sé stesso…..
Ecco…. settanta passi al minuto, al ritmo del nostro cuore, sentendolo variare il tempo ad ogni nostra accelerazione, e darci così la misura dello spazio percorso. Distanze misurate in battiti del cuore, per riportare il mondo ad una “dimensione umana”….. quella dell’unico vero viaggio, fra nascita e morte, scandito dalla metrica musicale del nostro petto.
Certo, bel mondo di vagabondi sarebbe….tutti a zonzo….al ritmo del miocardio! Riflessioni inconcludenti: se non arriviamo a Pau per le sette e mezzo rischiamo di trovare chiuso l’albergo, e ancora non siamo a metà strada…sarà meglio salire in macchina ed affidarci al ritmo del motore, lasciando indietro i pellegrini che procedono (per l’appunto….) “in direzione ostinata e contraria” (tanto per continuare le citazioni del poeta del giorno).
Da Melgar prendo il volante della Picasso per la prima volta (salvo un breve precedente a Portimao): Antonio schiaccia un pisolino, torniamo in autostrada e via verso la Francia.
Dopo Burgos deviamo a nord-est, sulla AP-1, l’”autovia del Norte”. Lungo la strada incontriamo portali in arabo che indicano la direzione verso la Francia: “a nemico che fugge, ponti d’oro”, si sa mai che perdano la rotta e decidano di fermarsi qui…
Più avanti entriamo nei Paesi Baschi, e i portali sono altrettanto incomprensibili di quelli in arabo. Euskadi è il nome di questa terra ed Euskera la lingua che ci si parla: cos’abbia da spartire con lo Spagnolo non lo so…… più o meno quello che ha da spartire il dialetto di Lumezzane con il sardo. Breve saggio di lingua Basca, a introduzione dell’argomento in wiky, a cura dei Baschi:
“Euskal Autonomia Erkidegoa, Euskadi eta gutxiagotan Euzkadi, Euskal Herriko mendebaldeko zatia da eta Espainiaren iparraldeko Autonomia Erkidego bat da osatzen du 1979. urteaz geroztik.”
Chiaro il concetto? L’unica parola comprensibile in tutto il testo è “autonomia”: è evidente che si tratta di un argomento su cui non ammettono dubbi e malintesi....
Il basco è l’unica lingua non indoeuropea che si parli in Europa, ed ancora non si è capito bene da dove cavolo arrivi: alcune teorie la considerano un relitto di una lingua preesistente, un fossile delle prime lingue parlate sul nostro continente. Non ci fermiamo nemmeno per un caffè, nel dubbio di fare confusione come al solito, ma se ci tenete, ecco un breve saggio in caso di necessità:
Kafe hutsa nahi nuke = Vorrei un espresso
Kafe ebakia nahi nuke = Vorrei un macchiato
Kafesnea nahi nuke = Vorrei un caffellatte
Ah, dimenticavo....quando uscite salutate con un “Kaixo!”: vuol dire ciao, ma vale anche come esclamazione in italiano, nel caso il caffè facesse schifo.....
Costeggiamo Vitoria-Gasteiz, la capitale Basca, procedendo fra colline, altipiani e basse catene montuose, fino a girare in direzione nord sulla “autovia de Etxegarate” (bel nome vero?) e finire imbottigliati nelle vicinanze di Tolosa (non quella francese.....). L’autostrada dev’essere un omaggio all’autonomia Basca da parte dello stato centrale, della serie “siete autonomi? Cavoli vostri...le strade pagatevele voi...”. In pratica sembra una strada statale promossa di ruolo senza averne diritto, e sembra che tutto il traffico verso la Francia sia finito qui....
Procediamo lentamente incolonnati fra montagne coperte di conifere, in pieno paesaggio alpino, con la strada che degrada verso il mare di San Sebastian, lontano miraggio a questa andatura. A Tolosa decidiamo che “è meglio uscire e prendere la statale”...ignari del fatto che non esiste: questa è l’unica strada che porta verso la Francia. Rifiutiamo caparbiamente le indicazioni verso l’autostrada e gironzoliamo un po’ per il paese, imboccando alla fine una strada che lascia l’abitato e si inerpica tra i monti: non sembra proprio che vada a san Sebastian, proviamo a chiedere a un passante che (in spagnolo) ci dice che di là si va per la Navarra. Rischiamo la fine di Orlando a Roncisvalle, meglio tornare sui nostri passi e reimmetterci mestamente nella colonna che lentamente discende la valle. Antonio riprende le redini del mezzo, si è già riposato abbastanza, e a questa andatura si stanca ancora di più a non guidare.... Alla fine, molto alla fine, arriviamo al classico casello che inutilmente stramalediciamo: dopo non è certo meglio; comunque superiamo il confine e siamo in Francia, è già qualcosa, ma sono già le cinque e abbiamo più di 130 chilometri da fare, che alla media di 20 chilometri all’ora fanno circa....6 ore...Cadiamo nello sconforto e cominciamo il pericolosissimo tira e molla sulle possibili vie alternative, tipo Benigni e Troisi fermi al casello ferroviario: “...e se prendessimo per di la....?”. Antonio mi implora di trovare una via alternativa, ma la mia mappa ventennale mi è di nessun aiuto, per la dimensione delle vie indicate faccio quasi fatica a vederle. Comunque alla fine usciamo a San Jean pensando di dirigerci fra i monti e circumnavigare Bayonne: fortunatamente non troviamo le indicazioni per St. Pee (chissà dove finivamo, probabilmente nel 1492 come nel film...) e decidiamo di costeggiare verso nord sulla statale, sempre incolonnati, ma almeno il paesaggio è gradevole. A un certo punto si vede il mare vicino, dalle parti di Bidart, spiagge e gente che si tuffa fra le onde: Tina si fermerebbe direttamente qui, a dormire sotto le stelle, però si limita a dire “che bello!” e accetta tacitamente di continuare il viaggio, che fortunatamente procede ad andatura più sostenuta, finchè imbocchiamo “la pireneenne”, l’autostrada verso Pau, assolutamente deserta; forse rispettiamo i tempi massimi di arrivo all’albergo. Ci fermiamo giusto per fare rifornimento di gpl e nell’area di sosta incrociamo di nuovo il cammino di Santiago alla sua origine: un monumento al viandante indica la direzione verso Roncisvalle a quanti provengono da nord, da Mont de Marsan: cominciare da qui è davvero un’impresa, o comunque bisogna avere un bel po’ di tempo a disposizione anche solo per pensare di poterci provare...noi c’eravamo dieci ore fa, chi s’incammina ora da qui ci arriverà fra un mese: il medioevale camminatore verso Santiago aveva di certo un’altra misura del tempo e dello spazio...
L’autostrada costeggia La Gave de Pau, in una pianura ondulata coperta da boschi e campagne “grasse”, di quell’erba verde che immagini adatta a sfamare mandrie di bisonti. É la stessa acqua che bagna Lourdes e scende verso il mare, chissà quante preghiere sta trascinando placidamente all’oceano...ma questa è storia di domani.
Poco dopo le sette arriviamo all’hotel, che per non sbagliare si chiama “A l’Hotel”, ma non ha molto dell’hotel. È la classica struttura prefabbricata molto diffusa in Francia, tipo “campanile” e affini, frequentata da lavoratori in trasferta e turisti squattrinati come noi. Comunque ha un’aspetto più che decoroso, per quel che ci serve: però pagamento anticipato “s' il vous plait”.....si sa mai che tagliamo la corda all’alba, siamo italiani.....
Accanto all’albergo c’è una tavola calda TexMex, dopo ci faremo un salto, ma prima un po’ di relax da queste dieci ore seduti a fare niente. I 900 chilometri ci hanno provato nel fisico e nello spirito, per domani era prevista un’escursione fra i monti (in auto) nel parco dei Pirenei, alla quale abbiamo concordemente rinunciato già dalle parti di Biarritz: meglio pochi chilometri prima del salto finale verso casa, ci concentreremo su Lourdes. Tina e Antonio rinunciano anche alla cena, daranno fondo agli ultimi avanzi direttamente in camera, mentre io e Marina tentiamo invano di farci dare qualcosa alla tavola calda. Alle nove di sera? Non siamo mica in Spagna o in Portogallo....se vogliamo c’è una specie di Mac (mi pare si chiamasse Quick..) la di fronte che fa servizio fino a mezzanotte, anche da asporto. Sarà il nostro secondo contributo alla cucina globalizzata, però non è un McDonald, fingo che sia più buono il panino al formaggio che sto mangiando e rincasiamo felici, o almeno sfamati.
Alla fine conquistiamo il letto ed eccoci qui: “per la stessa ragione del viaggio” abbiamo viaggiato, o per arrivare a quest’albergo nella periferia di Pau, “mentre tutto intorno è pioggia, pioggia, pioggia...e Francia” verrebbe da dire, come Paolo Conte....finale un po’ malinconico e romantico, inadeguato al clima, che non minaccia rovesci, al massimo un po’ d’umidità di fine estate, ma consono al senso di conclusione che ci accompagna....
Un ultimo pensiero ai ginnici pellegrini di Santiago, domani ne vedremo d’altro genere, sulle strade di Lourdes, e chissà se riusciremo a trovare un nesso fra i due....
Cacchio di riflessioni, direte voi, da fare mentre si è in vacanza. Ma cosa deve fare un pover’uomo seduto in una scatola di lamiera in movimento per le successive 8-10 ore?
Va bene, diciamo che stiamo tornando, se non altro per una questione di punti cardinali: si va dall’ovest all’est, verso la terra natale. Però la destinazione di oggi è Pau in Francia, oltre i Pirenei, luogo mai visto, al quale quindi non possiamo dire di tornare. Allora siamo partiti da Santiago per andare a Pau, e non stiamo tornando….Insomma non se ne esce, meglio concentrarci sull’essenza della giornata, così ben definita da De Andrè nella sua canzone dedicata ai gitani: “per la stessa ragione del viaggio, viaggiare...”. Questo sarà il motto del giorno…..e chissà che non si incontri un ciclope, o la maga Circe, a rendere epici questi novecento chilometri di asfalto che ci separano dalla destinazione, verso la quale siamo partiti…mentre stiamo tornando…..ma vaffan’!
Fortunatamente non faccio queste riflessioni a voce alta, perché disturberei le signore che appena entrati in autostrada sono cadute in profonda meditazione…Sarà che la sveglia è stata precoce ( rispetto alle abitudini acquisite in queste settimane..), ma non mi pare siano disposte a conversare. Forse è questione di digestione, dopo il buffet di colazione. Pensavamo di essere i primi clienti in piedi, invece: sorpresa! Un pullman di olandesi o di qualche simile nazionalità, in procinto di partire (o tornare?) per non si sa dove. Niente stimola di più l’appetito di un pullman di olandesi anzianotti e ben pasciuti che attornia il buffet come uno sciame di cavallette: nasce lo spirito di competizione e pensi che non puoi farti certo mancare quella fetta di pane tostato che ha nel piatto la signora, con sopra…..ma che roba è? Potrebbero essere uova strapazzate con la marmellata…..riempiamo borse e zainetti di pane, salumi e formaggio e usciamo, prima che qualcuno arrivi con i crauti…
Alle otto, o giù di li, siamo già in viaggio. Ottimo albergo, speso anche poco, da tornarci…magari per fare la doccia e una bella dormita dopo 200 chilometri a piedi. Per ora siamo viandanti automuniti, diretti verso La Coruna lungo la AP9. Terra di boschi e pascoli, questa Galizia: mancano le cime innevate per sembrare alla Svizzera. In prossimità delle coste atlantiche deviamo decisamente verso est, sulla A6 in direzione Lugo-Ponferrada. L’autostrada sale gradatamente di quota, costeggiando la Sierra de Cova da Serpe: nome intrigante, che stimola la mia curiosità. La leggenda racconta di una storia d’amore e morte, fra un povero giovane contadino e la ricca figlia del castellano locale. Rifugiatisi fra questi monti per fuggire le ire del padre, finiscono nella grotta di un’enorme serpe: nella lotta lui salva lei…e muore….C’è sempre ‘sto serpente fra l’uomo e la donna che ogni tanto ricompare a spaccare i maroni….sarà pur successo qualcosa nella notte dei tempi, se ancora si tramanda… O sarà la solita rappresentazione fallica….Freud ci andrebbe a nozze, con questa leggenda: sul fatto poi che nella lotta fra l’uomo e il “serpente” sia sempre il primo a soccombere, non ci sono dubbi….
Più avanti costeggiamo Lugo e la strada sale ancora, finchè finiamo nella nebbia e ne usciamo al di sopra. Strette vallate scavalcate da ponti autostradali e pochi borghi abitati, ricorda il nostro appennino fra Parma e LaSpezia. Stiamo attraversando le terre del “cammino francese”, nel suo tratto più frequentato, il più vicino alla meta e, stando ai racconti, anche il più bello “naturalisticamente”. Qualche decina di chilometri a sud dell’autostrada c’è il monastero di Samos, di cui ci ha parlato Gianna lo scorso anno, reduce dalla sua esperienza meditativo-escursionistica. È una delle tappe più utilizzate dai pellegrini, anche se chiede una deviazione dal percorso. Ancora qualche decina di chilometri e l’autostrada si incunea fra la Sierra de Cauriel e la sierra de Ancares, transitando vicino a Piedrafita e al Cebreiro, il valico da cui si può dire inizi il cammino galiziano verso Santiago, con la sua antica chiesa, la più antica dell’intero percorso. Il paesaggio è decisamente montuoso: dev’essere un tratto abbastanza impegnativo per i viandanti….
Entriamo nella regione de El Bierzo, lasciandoci alle spalle le montagne e la Galizia e traversando la piana di Ponferrada. Qui il lato “turistico” del Cammino emerge in tutta la sua evidenza: sull’autostrada portali indicatori segnalano l’uscita per l’inizio del percorso a quanti arrivano con i mezzi. Contrasta un po’ con la dimensione “intimista” che si penserebbe di associare a questa esperienza….però i locali si saranno rotti di spiegare la strada e avranno pensato all’aspetto pratico della questione: seguite i cartelli e non rompete….
Abbiamo fatto circa 250 chilometri, ne mancano ancora un sacco….chissà cosa penseranno quelli che vanno a piedi nell’altra direzione: più avanti ne incroceremo, dalle parti di Burgos, lungo un viottolo che costeggia l’autostrada, alcune rade pianticelle a dare un poco d’ombra e la sequenza delle mesetas da attraversare verso Santiago…..
Prima però costeggiamo Leon e proseguiamo in una pianura assolata che pianura non è, dato che siamo a sette-ottocento metri di quota. Ora stiamo viaggiando sulla A-231, “autovia Camino de Santiago”, nel caso qualche pellegrino si perdesse, può sempre seguire l’autostrada…. Prima di Burgos decidiamo per una sosta, un po’ lontano dall’asfalto, su cui fin’ora non abbiamo incontrato aree apparentemente attrezzate….Usciamo a Melgar e ci fermiamo in un viottolo vicino al Rio Pisuerga: nome appropriato per il principale motivo della sosta. Comunque, già che ci siamo, si mangia: facciamo onore al buffet dell’hotel Congreso seduti in vettura, dato che non si può dire sia propriamente un’area da pic-nic quella che abbiamo scelto, ma oggi è così, poco tempo da perdere e dritti alla meta. Fin’ora non c’è capitato niente di epico, per vivacizzare la nostra odissea; e nemmeno si può dire che abbiamo realizzato “la ragione stessa del viaggio”, in questo frenetico trasferirsi da un punto all’altro del globo. Guardo là in fondo la striscia del guardrail autostradale che taglia la pianura, e le macchine passare dietro veloci: forse quel che cercano i viandanti è proprio un po’ di pace, una pausa dai ritmi della modernità, assaporando per un breve intervallo lo spirito “gitano” del viaggio fine a sé stesso…..
Ecco…. settanta passi al minuto, al ritmo del nostro cuore, sentendolo variare il tempo ad ogni nostra accelerazione, e darci così la misura dello spazio percorso. Distanze misurate in battiti del cuore, per riportare il mondo ad una “dimensione umana”….. quella dell’unico vero viaggio, fra nascita e morte, scandito dalla metrica musicale del nostro petto.
Certo, bel mondo di vagabondi sarebbe….tutti a zonzo….al ritmo del miocardio! Riflessioni inconcludenti: se non arriviamo a Pau per le sette e mezzo rischiamo di trovare chiuso l’albergo, e ancora non siamo a metà strada…sarà meglio salire in macchina ed affidarci al ritmo del motore, lasciando indietro i pellegrini che procedono (per l’appunto….) “in direzione ostinata e contraria” (tanto per continuare le citazioni del poeta del giorno).
Da Melgar prendo il volante della Picasso per la prima volta (salvo un breve precedente a Portimao): Antonio schiaccia un pisolino, torniamo in autostrada e via verso la Francia.
Dopo Burgos deviamo a nord-est, sulla AP-1, l’”autovia del Norte”. Lungo la strada incontriamo portali in arabo che indicano la direzione verso la Francia: “a nemico che fugge, ponti d’oro”, si sa mai che perdano la rotta e decidano di fermarsi qui…
Più avanti entriamo nei Paesi Baschi, e i portali sono altrettanto incomprensibili di quelli in arabo. Euskadi è il nome di questa terra ed Euskera la lingua che ci si parla: cos’abbia da spartire con lo Spagnolo non lo so…… più o meno quello che ha da spartire il dialetto di Lumezzane con il sardo. Breve saggio di lingua Basca, a introduzione dell’argomento in wiky, a cura dei Baschi:
“Euskal Autonomia Erkidegoa, Euskadi eta gutxiagotan Euzkadi, Euskal Herriko mendebaldeko zatia da eta Espainiaren iparraldeko Autonomia Erkidego bat da osatzen du 1979. urteaz geroztik.”
Chiaro il concetto? L’unica parola comprensibile in tutto il testo è “autonomia”: è evidente che si tratta di un argomento su cui non ammettono dubbi e malintesi....
Il basco è l’unica lingua non indoeuropea che si parli in Europa, ed ancora non si è capito bene da dove cavolo arrivi: alcune teorie la considerano un relitto di una lingua preesistente, un fossile delle prime lingue parlate sul nostro continente. Non ci fermiamo nemmeno per un caffè, nel dubbio di fare confusione come al solito, ma se ci tenete, ecco un breve saggio in caso di necessità:
Kafe hutsa nahi nuke = Vorrei un espresso
Kafe ebakia nahi nuke = Vorrei un macchiato
Kafesnea nahi nuke = Vorrei un caffellatte
Ah, dimenticavo....quando uscite salutate con un “Kaixo!”: vuol dire ciao, ma vale anche come esclamazione in italiano, nel caso il caffè facesse schifo.....
Costeggiamo Vitoria-Gasteiz, la capitale Basca, procedendo fra colline, altipiani e basse catene montuose, fino a girare in direzione nord sulla “autovia de Etxegarate” (bel nome vero?) e finire imbottigliati nelle vicinanze di Tolosa (non quella francese.....). L’autostrada dev’essere un omaggio all’autonomia Basca da parte dello stato centrale, della serie “siete autonomi? Cavoli vostri...le strade pagatevele voi...”. In pratica sembra una strada statale promossa di ruolo senza averne diritto, e sembra che tutto il traffico verso la Francia sia finito qui....
Procediamo lentamente incolonnati fra montagne coperte di conifere, in pieno paesaggio alpino, con la strada che degrada verso il mare di San Sebastian, lontano miraggio a questa andatura. A Tolosa decidiamo che “è meglio uscire e prendere la statale”...ignari del fatto che non esiste: questa è l’unica strada che porta verso la Francia. Rifiutiamo caparbiamente le indicazioni verso l’autostrada e gironzoliamo un po’ per il paese, imboccando alla fine una strada che lascia l’abitato e si inerpica tra i monti: non sembra proprio che vada a san Sebastian, proviamo a chiedere a un passante che (in spagnolo) ci dice che di là si va per la Navarra. Rischiamo la fine di Orlando a Roncisvalle, meglio tornare sui nostri passi e reimmetterci mestamente nella colonna che lentamente discende la valle. Antonio riprende le redini del mezzo, si è già riposato abbastanza, e a questa andatura si stanca ancora di più a non guidare.... Alla fine, molto alla fine, arriviamo al classico casello che inutilmente stramalediciamo: dopo non è certo meglio; comunque superiamo il confine e siamo in Francia, è già qualcosa, ma sono già le cinque e abbiamo più di 130 chilometri da fare, che alla media di 20 chilometri all’ora fanno circa....6 ore...Cadiamo nello sconforto e cominciamo il pericolosissimo tira e molla sulle possibili vie alternative, tipo Benigni e Troisi fermi al casello ferroviario: “...e se prendessimo per di la....?”. Antonio mi implora di trovare una via alternativa, ma la mia mappa ventennale mi è di nessun aiuto, per la dimensione delle vie indicate faccio quasi fatica a vederle. Comunque alla fine usciamo a San Jean pensando di dirigerci fra i monti e circumnavigare Bayonne: fortunatamente non troviamo le indicazioni per St. Pee (chissà dove finivamo, probabilmente nel 1492 come nel film...) e decidiamo di costeggiare verso nord sulla statale, sempre incolonnati, ma almeno il paesaggio è gradevole. A un certo punto si vede il mare vicino, dalle parti di Bidart, spiagge e gente che si tuffa fra le onde: Tina si fermerebbe direttamente qui, a dormire sotto le stelle, però si limita a dire “che bello!” e accetta tacitamente di continuare il viaggio, che fortunatamente procede ad andatura più sostenuta, finchè imbocchiamo “la pireneenne”, l’autostrada verso Pau, assolutamente deserta; forse rispettiamo i tempi massimi di arrivo all’albergo. Ci fermiamo giusto per fare rifornimento di gpl e nell’area di sosta incrociamo di nuovo il cammino di Santiago alla sua origine: un monumento al viandante indica la direzione verso Roncisvalle a quanti provengono da nord, da Mont de Marsan: cominciare da qui è davvero un’impresa, o comunque bisogna avere un bel po’ di tempo a disposizione anche solo per pensare di poterci provare...noi c’eravamo dieci ore fa, chi s’incammina ora da qui ci arriverà fra un mese: il medioevale camminatore verso Santiago aveva di certo un’altra misura del tempo e dello spazio...
L’autostrada costeggia La Gave de Pau, in una pianura ondulata coperta da boschi e campagne “grasse”, di quell’erba verde che immagini adatta a sfamare mandrie di bisonti. É la stessa acqua che bagna Lourdes e scende verso il mare, chissà quante preghiere sta trascinando placidamente all’oceano...ma questa è storia di domani.
Poco dopo le sette arriviamo all’hotel, che per non sbagliare si chiama “A l’Hotel”, ma non ha molto dell’hotel. È la classica struttura prefabbricata molto diffusa in Francia, tipo “campanile” e affini, frequentata da lavoratori in trasferta e turisti squattrinati come noi. Comunque ha un’aspetto più che decoroso, per quel che ci serve: però pagamento anticipato “s' il vous plait”.....si sa mai che tagliamo la corda all’alba, siamo italiani.....
Accanto all’albergo c’è una tavola calda TexMex, dopo ci faremo un salto, ma prima un po’ di relax da queste dieci ore seduti a fare niente. I 900 chilometri ci hanno provato nel fisico e nello spirito, per domani era prevista un’escursione fra i monti (in auto) nel parco dei Pirenei, alla quale abbiamo concordemente rinunciato già dalle parti di Biarritz: meglio pochi chilometri prima del salto finale verso casa, ci concentreremo su Lourdes. Tina e Antonio rinunciano anche alla cena, daranno fondo agli ultimi avanzi direttamente in camera, mentre io e Marina tentiamo invano di farci dare qualcosa alla tavola calda. Alle nove di sera? Non siamo mica in Spagna o in Portogallo....se vogliamo c’è una specie di Mac (mi pare si chiamasse Quick..) la di fronte che fa servizio fino a mezzanotte, anche da asporto. Sarà il nostro secondo contributo alla cucina globalizzata, però non è un McDonald, fingo che sia più buono il panino al formaggio che sto mangiando e rincasiamo felici, o almeno sfamati.
Alla fine conquistiamo il letto ed eccoci qui: “per la stessa ragione del viaggio” abbiamo viaggiato, o per arrivare a quest’albergo nella periferia di Pau, “mentre tutto intorno è pioggia, pioggia, pioggia...e Francia” verrebbe da dire, come Paolo Conte....finale un po’ malinconico e romantico, inadeguato al clima, che non minaccia rovesci, al massimo un po’ d’umidità di fine estate, ma consono al senso di conclusione che ci accompagna....
Un ultimo pensiero ai ginnici pellegrini di Santiago, domani ne vedremo d’altro genere, sulle strade di Lourdes, e chissà se riusciremo a trovare un nesso fra i due....
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